Israele anticipa tutti
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Con 87 voti su 120 mercoledì 2 giugno il Parlamento di Israele ha eletto nuovo Presidente dello Stato di Israele Isaac Herzog. Laburista, è considerato parte dell’aristocrazia israeliana: porta il nome del nonno che è stato rabbino capo d’Irlanda e alla guida degli ebrei ashkenaziti nella Palestina sotto il mandato britannico e poi nello Stato d’Israele dalla fondazione fino al 1959. La Casa Bianca gli dà il benvenuto in quanto avrebbe “a lungo lavorato per costruire ponti tra le numerose comunità ebraiche sparse nel pianeta”. Il Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, si è anch’egli congratulato mettendo in luce le buone relazioni di amicizia fra i due paesi. Nelle stesse ore il membro della Knesset, l’influente Yair Lapid, ex ministro delle Finanze alla guida di Yesh Atid, partito centrista e laico nonchè principale opposizione a Netanyahu, a pochi minuti dalla fine del mandato esplorativo concessogli dall’attuale Presidente della Repubblica, in seguito al buon risultato ottenuto alle elezioni politiche, ha annunciato di essere riuscito a formare un nuovo governo. L’anomala coalizione spazia dall’estrema destra che sostiene le colonie fino al partito islamista Ra’am eletto dai palestinesi israeliani, partito che, per la prima volta, entra a far parte di una coalizione di governo. Benjamin Netanyahu ha così perso il potere dopo dodici anni consecutivi. L’ostilità verso Netanyahu sembrerebbe infatti, a prima vista, essere l’unico elemento che unisce la coalizione dei suoi avversari, che hanno come parola d’ordine “chiunque tranne Bibi”. Il portavoce del partito religioso sionista, Bezalel Smotrich, ha commentato la nuova compagine governativa facendo presente che “il suo partito non dimenticherà e non perdonerà l’affronto di un governo” che lui legge come “antisionista”. Con note diverse ma sulla stessa scia, il portavoce del Likud, Miki Zohar, ha fatto presente che “la sinistra sta celebrando la vittoria ma questo è per Israele un giorno molto triste”. Naftali Bennett, ex militare israeliano, ministro della difesa di Israele dal novembre 2019 al maggio 2020, ministro dell’Economia e dei Servizi Religiosi nell’ultimo governo Netanyahu, leader del partito sionista ‘La Casa Ebraica’, ex leader dei coloni ebrei della Cisgiordania, assumerà il ruolo di Premier nel primo biennio; dopodichè gli subentrerà il portavoce del partito Yesh Atid, Yair Lapid. Con una certezza: niente cambierà nel conflitto israelo-palestinese. L’argomento, infatti, appena due settimane dopo l’operazione “Guardiani del muro”, non è stato neanche evocato nella formazione del nuovo governo, forse debole, ma certamente più controllabile da Washington che ora mira al petrolio iraniano, anche attraverso l’aiuto del Mossad, dal primo giugno guidato da David Barnea, successore di Yossi Cohen, che lascia l’incarico dopo cinque anni e mezzo per una possibile carriera politica. Descritto come un “continuatore”, oggi che la sua esistenza non è più nascosta dall’anonimato, e che il suo personaggio abbisogna di essere presentato al grande pubblico, Barnea può reclamare i suoi colpi più importanti, tra i quali spicca l’ossassinio del generale iraniano Qassem Soleimani. Barnea potrebbe essere dunque, proprio ora, la perfetta pedina per un ritorno alle grandi operazioni sotto copertura del Mossad contro Hamas, Hezbollah, ma soprattutto contro l’Iran. Gli americani infatti a volte non gradiscono i plateali colpi sferrati da Israele perchè possono creare instabilità. Ma ora la via per l’Iran potrebbe essere più agevole anche per gli 007 d’oltreoceano
☀️ A cura di Margherita Furlan
☀️ Con la collaborazione di Fabio Frabetti, Jeff Hoffman, Gianmarco Maotini, Fabio Belli, Gionata Chatillard
☀️ Editing di Mattia Di Nunzio
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