Israele e le premesse errate del Green Pass

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Le autorità israeliane stanno registrando nuovi contagi da record per quanto riguarda le infezioni da Covid 19 sfiorando gli allarmanti livelli del mese di marzo.
Secondo il bollettino diramato dal ministero della Sanità, tra le 732 nuove infezioni nazionali, circa il 53% riguarderebbero soggetti o completamente vaccinati o guariti dalla “nuova peste epidemica”.
Sotto accusa la cosiddetta variante Delta, responsabile del 90% dei nuovi casi in Israele che quindi si configura come nuova malattia per la quale il vaccino Pfizer avrebbe perso un’efficacia del 30% passando dal 94,3% al 64% in poco più di un mese.
Il ministero della Sanità israeliano inoltre, sebbene ribadisca la validità del siero nel prevenire casi seri e ospedalizzazione, non chiarisce se fra le 47 persone in gravi condizioni dell’ultimo bollettino, vi siano persone completamente vaccinate.
In Israele il 60% della popolazione ha ricevuto entrambe le dosi previste dalla terapia genica sperimentale a mRna, tuttavia a seguito dei contagi in continuo aumento, le autorità hanno rimandato al 1° di agosto l’ingresso nel paese di turisti vaccinati.
La situazione che si è creata nel paese dell’apartheid, oltre a insinuare correlazioni tra le campagne vaccinali e lo sviluppo di varianti, pone seri interrogativi su quell’apartheid che si vuole creare in Francia e dintorni tramite il cosiddetto Green Pass. Uno strumento inutile nel controllo della diffusione del virus che non garantisce in alcun caso ai vaccinati di non contagiare, né a loro volta di non essere contagiati.
Uno strumento utile solo a ricattare e controllare le persone secondo i dettami della nuova normalità imposta dal progetto di Grande Reset.

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