Il (fino a pochi minuti fa) super guerrafondaio, The Guardian di Londra, il portavoce dei piu’ feroci sostenitori della guerra alla Russia, fino al suo saccheggio finale, ora dice (citazione): “La Russia sta vincendo la guerra economica – e Putin non è più vicino al ritiro delle truppe“
E lo dice per bocca del suo editor economico, il tristissimo, lacrimante, Larry Elliot.
E’ un fatto straordinario. Larry non riesce a controllare il suo odio per la Russia, ma da buon rappresentante degli usurai della city di Londra, sa che quando si e’ in una buca sempre piu’ profonda non bisogna intestardirsi a scavare. Anche la straripante arroganza del British Imperialism deve piegarsi alla force majeure della necessita’ di salvare il derriere dei grandi usurai oligarchici.
O, per lo meno, tentare di salvarlo. Perché questa volta la buca e’ profondissima, semiallagata e scivolosa. Mentre i beffardi putiniani fanno arrivare grandi quantità di pale e picconi, incitando a gran voce i Rulers of the Waves a scavare.
…E’ veramente un editoriale da godere, parola per parola.
Dice il tristissimo Larry: “Gli effetti perversi delle sanzioni si traducono in un aumento dei costi del carburante e dei generi alimentari per il resto del mondo… Prima o poi, si dovrà trovare un accordo“.
Be’, si, Larry, si dovra’ trovare l’accordo. Ma se l’Orso russo non va pazzo per un accordo con i succhiasangue del Tamigi, che fai? Magari si e’ offeso da quello che i pirati “investitori britannici hanno fatto contro la Russia negli ultimi Cinquecento anni. Magari non ha gradito la nazistizzazione dell’Ucraina, la ripetizione del progetto nazista degli anni Trenta. Magari dovete chiedere scusa per tutte le calunnie, che avete sparso a piene mani. Magari dovete accettare le conseguenze dei crimni che avete commesso in Ucraina, un paese popolato da Russi che voi, volpinamente volevate scatenare contro la Russia in un “ammazzatevi tra di voi!”
Quello che non vi e’ riuscito,se non in parte, con Hitler e l’Operazione Barbarossa.
Piange ancora Larry: “Sono passati tre mesi da quando l’Occidente ha lanciato la sua guerra economica contro la Russia, e non sta andando secondo i piani. Al contrario, le cose stanno andando molto male... le sanzioni – pur essendo ancora incomplete – sono state gradualmente intensificate…”
E che e’ successo dopo l’intensificazione?
Confessa in lacrime il portavoce della city: “Tuttavia… non ci sono segnali immediati di un ritiro della Russia dall’Ucraina e questo non sorprende, perché le sanzioni hanno avuto l’effetto perverso di far salire il costo delle esportazioni di petrolio e gas della Russia, aumentando massicciamente la sua bilancia commerciale e finanziando il suo sforzo bellico. Nei primi quattro mesi del 2022, Putin ha potuto vantare un avanzo delle partite correnti di 96 miliardi di dollari (76 miliardi di sterline), più che triplicato rispetto allo stesso periodo del 2021.”
Come se non bastasse, Larry sente la necessita’ inarrestabile di confessare, confessare tutto, Vuol far capire ai suoi padroni, come un cane fedele, che il pericolo potrebbe aggravarsi.
Una catastrofe! E che ti fa? Rivela che il grande meeting di Davos, quello del Grande Reset di Klaus Schwab, l’imitatore moderno di Adolf — be’ il meeting dei potenti e’ stato tutto fumo e niente arrosto!
“Quando la settimana scorsa i leader mondiali si sono incontrati a Davos, il messaggio pubblico è stato di condanna dell’aggressione russa e di rinnovato impegno a sostenere con forza l’Ucraina. In privato, però, ci si è preoccupati dei costi economici di una guerra prolungata.
Queste preoccupazioni sono del tutto giustificate. L’invasione russa dell’Ucraina ha dato un ulteriore impulso alle già forti pressioni sui prezzi. Il tasso di inflazione annuale del Regno Unito è del 9%, il più alto degli ultimi 40 anni, i prezzi della benzina hanno raggiunto un livello record e il tetto massimo dei prezzi dell’energia dovrebbe aumentare di 700-800 sterline all’anno a ottobre. L’ultimo pacchetto di aiuti di Rishi Sunak per far fronte alla crisi del costo della vita è stato il terzo del cancelliere in quattro mesi e ne arriveranno altri nel corso dell’anno.
A causa della guerra, le economie occidentali si trovano ad affrontare un periodo di crescita lenta o negativa e di aumento dell’inflazione – un ritorno alla stagflazione degli anni Settanta. Le banche centrali, compresa la Banca d’Inghilterra, ritengono di dover rispondere a un’inflazione quasi a due cifre aumentando i tassi di interesse. La disoccupazione è destinata ad aumentare. Altri Paesi europei si trovano ad affrontare gli stessi problemi, se non di più, dal momento che la maggior parte di essi dipende dal gas russo più di quanto non dipenda dal Regno Unito.”
Certo, Larry tenta ancora qualche trucchetto, come l’idea di cannibalizzare il grano ucraino (che, come si sa, e’ la forma di pagamento che “l’occidente” adesso,come denunciato da Lukaschenko, pretende in cambio delle armi, spesso armi ciofeche, con conseguente carestia in Ucraina). Ma, in generale e’ super triste e super depresso. Addirittura intravede una possibile ribellione delle plebi del Terzo Mondo contro le grandi banche:
“Come ha detto David Beasley, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale: “In questo momento, i silos di grano dell’Ucraina sono pieni. Allo stesso tempo, 44 milioni di persone nel mondo stanno marciando verso la fame“. In tutte le organizzazioni multilaterali – FMI, Banca Mondiale, Organizzazione Mondiale del Commercio e Nazioni Unite – cresce il timore di una catastrofe umanitaria. La posizione è semplice: a meno che i Paesi in via di sviluppo non siano essi stessi esportatori di energia, si trovano di fronte a un triplo colpo, in cui le crisi del carburante e del cibo innescano crisi finanziarie. Di fronte alla scelta di sfamare la popolazione o di pagare i creditori internazionali, i governi opteranno per la prima. Lo Sri Lanka è stato il primo Paese dopo l’invasione russa a non onorare i propri debiti, ma è improbabile che sia l’ultimo. Il mondo sembra più vicino a una vera e propria crisi del debito di quanto non lo sia mai stato dagli anni Novanta.”
La terribile realizzazione: I contadini potrebbero essere pronti ad assalire il castello di Dracula con i forconi! E il piu’ temibile forcone qual’e’? E’ il rifiuto di pagare i “debiti” ai grandi usurai, che di debito vivono e prosperano, proprio come Dracula viveva di sangue fresco.
Horribile Visu: “Di fronte alla scelta di sfamare la popolazione o di pagare i creditori internazionali, i governi opteranno per la prima. Lo Sri Lanka è stato il primo Paese dopo l’invasione russa a non onorare i propri debiti, ma è improbabile che sia l’ultimo…”
Le plebi si preparano a “non onorare i debiti“, urla coperto di sudore freddo, Larry. Vi rendete conto? Siamo finiti! Basta con l’ossessione di disruggere Putin! Cretini! Lui ci ha fregato. Se vogliamo sopravvivere dobbiamo capire queso punto. Putin non ha messo su un’operazione di pochi giorni. Putin ci vuole distruggere e ci sta riuscendo, e noi ci siamo cascati: “Fin dall’inizio, il presidente russo ha giocato una partita lunga, aspettando che la coalizione internazionale contro di lui si frammentasse. Il Cremlino pensa che la soglia di sopportazione del dolore economico da parte della Russia sia più alta di quella dell’Occidente, e probabilmente ha ragione…
Dopo tante sofferenze provocate da questa oligarchia usuraia e oscena, quano fa bene leggere le parole di sconforto di Larry Elliott, ex tronfio guerrafondaio, sicuro si se e dell’invincibilità dei suoi padroni.
di Umberto Pascali (Corrispondenze da Washington)
La Russia sta vincendo la guerra economica – e Putin non è più vicino al ritiro delle truppe
Larry Elliott (Larry Elliott is the Guardian’s economics editor)
Gli effetti perversi delle sanzioni si traducono in un aumento dei costi del carburante e dei generi alimentari per il resto del mondo – e cresce il timore di una catastrofe umanitaria. Prima o poi, si dovrà trovare un accordo
Il Cremlino pensa che la soglia di sopportazione del dolore economico da parte della Russia sia più alta di quella dell’Occidente, e probabilmente ha ragione”. Vladimir Putin a Mosca mercoledì.
Sono passati tre mesi da quando l’Occidente ha lanciato la sua guerra economica contro la Russia, e non sta andando secondo i piani. Al contrario, le cose stanno andando molto male.
Le sanzioni sono state imposte a Vladimir Putin non perché fossero considerate l’opzione migliore, ma perché erano meglio delle altre due linee d’azione disponibili: non fare nulla o essere coinvolti militarmente.
La prima serie di misure economiche è stata introdotta subito dopo l’invasione, quando si pensava che l’Ucraina avrebbe capitolato nel giro di pochi giorni. Ciò non è avvenuto, con il risultato che le sanzioni – pur essendo ancora incomplete – sono state gradualmente intensificate.
Tuttavia, non ci sono segnali immediati di un ritiro della Russia dall’Ucraina e questo non sorprende, perché le sanzioni hanno avuto l’effetto perverso di far salire il costo delle esportazioni di petrolio e gas della Russia, aumentando massicciamente la sua bilancia commerciale e finanziando il suo sforzo bellico. Nei primi quattro mesi del 2022, Putin ha potuto vantare un avanzo delle partite correnti di 96 miliardi di dollari (76 miliardi di sterline), più che triplicato rispetto allo stesso periodo del 2021.
Quando l’UE ha annunciato il divieto parziale di esportazione del petrolio russo all’inizio di questa settimana, il costo del greggio sui mercati globali è aumentato, fornendo al Cremlino un’altra manna finanziaria. La Russia non ha difficoltà a trovare mercati alternativi per la sua energia: ad aprile le esportazioni di petrolio e gas verso la Cina sono aumentate di oltre il 50% rispetto all’anno precedente.
Questo non significa che le sanzioni siano indolori per la Russia. Il Fondo Monetario Internazionale stima che quest’anno l’economia si ridurrà dell’8,5% a causa del crollo delle importazioni dall’Occidente. La Russia ha scorte di beni essenziali per mantenere la sua economia, ma col tempo saranno esaurite.
Ma l’Europa si sta liberando solo gradualmente della sua dipendenza dall’energia russa, e quindi una crisi finanziaria immediata per Putin è stata evitata. Il rublo, grazie ai controlli sui capitali e a un sano surplus commerciale, è forte. Il Cremlino ha il tempo di trovare fonti alternative di pezzi di ricambio e componenti da Paesi disposti ad aggirare le sanzioni occidentali.
Quando la settimana scorsa i leader mondiali si sono incontrati a Davos, il messaggio pubblico è stato di condanna dell’aggressione russa e di rinnovato impegno a sostenere con forza l’Ucraina. In privato, però, ci si è preoccupati dei costi economici di una guerra prolungata.
Queste preoccupazioni sono del tutto giustificate. L’invasione russa dell’Ucraina ha dato un ulteriore impulso alle già forti pressioni sui prezzi. Il tasso di inflazione annuale del Regno Unito è del 9%, il più alto degli ultimi 40 anni, i prezzi della benzina hanno raggiunto un livello record e il tetto massimo dei prezzi dell’energia dovrebbe aumentare di 700-800 sterline all’anno a ottobre. L’ultimo pacchetto di aiuti di Rishi Sunak per far fronte alla crisi del costo della vita è stato il terzo del cancelliere in quattro mesi e ne arriveranno altri nel corso dell’anno.
A causa della guerra, le economie occidentali si trovano ad affrontare un periodo di crescita lenta o negativa e di aumento dell’inflazione – un ritorno alla stagflazione degli anni Settanta. Le banche centrali, compresa la Banca d’Inghilterra, ritengono di dover rispondere a un’inflazione quasi a due cifre aumentando i tassi di interesse. La disoccupazione è destinata ad aumentare. Altri Paesi europei si trovano ad affrontare gli stessi problemi, se non di più, dal momento che la maggior parte di essi dipende dal gas russo più di quanto non dipenda dal Regno Unito.
I problemi che devono affrontare i Paesi più poveri del mondo sono di un altro ordine di grandezza. Per alcuni di loro il problema non è la stagflazione, ma la fame, a causa del blocco delle forniture di grano dai porti ucraini del Mar Nero.
Come ha detto David Beasley, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale: “In questo momento, i silos di grano dell’Ucraina sono pieni. Allo stesso tempo, 44 milioni di persone nel mondo stanno marciando verso la fame”.
In tutte le organizzazioni multilaterali – FMI, Banca Mondiale, Organizzazione Mondiale del Commercio e Nazioni Unite – cresce il timore di una catastrofe umanitaria. La posizione è semplice: a meno che i Paesi in via di sviluppo non siano essi stessi esportatori di energia, si trovano di fronte a un triplo colpo, in cui le crisi del carburante e del cibo innescano crisi finanziarie. Di fronte alla scelta di sfamare la popolazione o di pagare i creditori internazionali, i governi opteranno per la prima. Lo Sri Lanka è stato il primo Paese dopo l’invasione russa a non onorare i propri debiti, ma è improbabile che sia l’ultimo. Il mondo sembra più vicino a una vera e propria crisi del debito di quanto non lo sia mai stato dagli anni Novanta.