di Jeff Hoffman
E’ stato di emergenza pubblica ed economica fino al 2025. Lo ha stabilito il nuovo presidente dell’Argentina, Javier Milei, che intervenendo con un decreto legge ha modificato o cancellato più di 300 leggi e regolamenti tra cui quella delle primarie di partito.
Previsto, fra le altre cose, il licenziamento di circa 7.000 dipendenti pubblici come parte di un decreto volto a tagliare la spesa pubblica.
Ad accendere le micce della protesta popolare ci ha pensato l’ondata di privatizzazioni e deregolamentazione dell’economia in salsa ultra liberista prevista dal neo presidente.
In risposta, la principale organizzazione sindacale del paese latinoamericano, la Confederazione generale del Lavoro, insieme a tutti gli altri sindacati, lo ha definito un oltraggio irrazionale fatto di misure arbitrarie, incostituzionali e dannose.
Sette sono gli arresti registrati nelle prime ore della protesta di ieri, mercoledi 27 dicembre. che ha visto in piazza diverse migliaia di persone. Dal canto loro i sindacati, che non escludono la possibilità di proclamare uno sciopero generale nei prossimi giorni, hanno parlato di una manifestazione “massiccia e civile” organizzata per difendere i diritti dei lavoratori.
“Data la necessità di concentrare le attività dello Stato sulle sue funzioni principali, si prevede di privatizzare alcune aziende statali al fine di garantire maggiore concorrenza ed efficienza economica, ridurre il carico fiscale, migliorare la qualità dei servizi forniti e stimolare gli investimenti privati “, si legge nel disegno di legge firmato dal neo presidente argentino.
L’Assemblea nazionale può ancora abrogare il “decreto d’emergenza” con una maggioranza assoluta in entrambe le camere che, però, nessuna forza o coalizione politica detiene.
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