di Margherita Furlan e Jeff Hoffman
I funzionari statunitensi hanno ampliato di un milione di km quadrati la loro area geografica sottomarina di appartenenza.
Per l’esattezza, la zona rivendicata da Washington equivale al doppio della California e si estende in gran parte nell’Artico e nel mare di Bering ma anche nel Golfo del Messico e nell’Oceano Pacifico. A quanto pare, tuttavia, l’area marina su cui gli Stati Uniti hanno allungato le mani si sovrappone ad altre appartenenti al Canada, alle Bahamas e al Giappone, aree in cui, evidentemente, in futuro, gli Stati Uniti e i suoi vicini dovranno stabilire dei confini marittimi. Tradotto in lingua corrente, significa che “intanto me ne prendo possesso poi, forse, ne parleremo”.
Il Dipartimento di Stato americano ha tenuto a dichiarare che i nuovi confini sarebbero soltanto una questione geografica e non di risorse, contraddicendo le numerose enunciazioni sulle ricerche nei mari del nord nonché le narrazioni sulla tutela dell’ambiente. In puro linguaggio tecnocratico, l’amministrazione Biden ha anche reso noto che non si tratta di un’estensione della Zona Economica Esclusiva, perchè la cosiddetta piattaforma continentale comprende solo il fondale marino e il suo sottosuolo, mentre la Zona Economica Esclusiva comprende anche l’acqua.
Stando però alla stampa a stelle e strisce l’amministrazione Biden starebbe proprio cercando di espandere l’accesso alle risorse minerarie sottomarine. Rebecca Pincus, direttrice del Polar Institute presso il Wilson Center di Washington, ha precisato trattarsi della sovranità statunitense sul fondale marino, intendendo quindi anche i diritti sull’estrazione mineraria, sulla locazione di petrolio, gas, cavi e altro.
D’altronde, l’analisi e la raccolta dei dati oceanografici sono iniziate già nel 2003, costituendo il più grande sforzo di mappatura offshore mai condotto dagli Stati Uniti.
La partita, dunque, non si gioca soltanto intorno alle risorse ma soprattutto sul controllo dell’Artico. Non a caso, la Russia, che ha già aperto una rotta nautica commerciale alternativa al canale di Suez, è in netto vantaggio su tutti i fronti. E guerra sia.