di Gionata Chatillard
Inizierà con una cerimonia militare a Parigi la prima visita ufficiale di Xi Jinping in Europa dal 2019 a questa parte. Il presidente cinese atterrerà lunedì prossimo nella capitale francese, per poi ripartire il giorno dopo alla volta di Belgrado e Budapest. Tre tappe dall’altissimo valore simbolico per Pechino, che ormai senza timori reverenziali dimostra all’Occidente non solo di avere una sua visione dell’Europa, ma che questa è anche in buona parte sovrapponibile a quella della Russia.
Lo scalo a Parigi servirà a Xi per far leva sulla grandeur dell’Eliseo, che a giorni alterni lancia appelli all’orgoglio nazional-comunitario arrivando perfino a delineare un’Europa a trazione francese che un giorno potrebbe anche fare senza Washington. Anche se la questione, più che politica, è forse commerciale, con il disaccoppiamento che avanza implacabile e l’Occidente che continua a rimproverare Pechino di aiutare troppo le sue aziende.
Se in campo economico Xi cercherà di salvare il salvabile, in campo geopolitico il leader cinese spingerà affinché a Mosca possa essere data una sedia al tavolo delle negoziazioni sull’Ucraina che si terranno a giugno in Svizzera. Su questo punto, Pechino è sempre più chiara. Il Governo cinese considera ormai apertamente la NATO come “responsabile” di quanto è successo in Europa Orientale. Ma non solo: Pechino ha anche chiesto all’ONU di indagare sul sabotaggio del Nord Stream, mettendo il dito nella piaga di uno dei nervi più scoperti degli ultimi 2 anni di narrazione occidentale.
Una narrazione a cui hanno spesso saputo sottrarsi Serbia e Ungheria, non a caso seconda e terza tappa del tour diplomatico di Xi. Tanti gli interessi economici in gioco, anche a livello infrastrutturale. Con Belgrado, poi, la sintonia è totale anche sulle questioni territoriali del Kosovo e di Taiwan. Forse anche per questo, come suggerisce la stampa russa, Xi potrebbe sfruttare il suo viaggio in Serbia per offrire al suo omologo Aleksandar Vucic di entrare nei BRICS. Per Belgrado non sarebbe una scelta facile, ma se l’alleanza a trazione russo-cinese riuscisse effettivamente a espandersi nel cuore dei Balcani, difficilmente il Vecchio Continente ne uscirebbe senza scossoni.