di Fabio Belli
15 Paesi dell’Unione europea, tra cui l’Italia, hanno chiesto alla Commissione europea l’istituzione di centri d’accoglienza in Stati terzi in cui inviare i migranti irregolari.
La proposta ricalca quella stipulata tra il Regno Unito e il Ruanda, ma anche il recente accordo tra Roma e Tirana. Oltre al fu Belpaese, tra i proponenti figurano: Paesi Bassi, Danimarca, Austria, Polonia, Romania, Bulgaria, Repubblica ceca, Grecia, Cipro, Estonia, Lituania, Lettonia, Malta e Finlandia.
L’obiettivo è quello di individuare degli Stati extra-Ue dove ‘parcheggiare’ i migranti in attesa di un eventuale ulteriore trasferimento nel loro Paese d’origine. L’ostacolo principale sembra essere il diritto internazionale, secondo cui gli immigrati possono essere rimandati indietro solo se il Paese di origine è considerato “sicuro” e con il consenso dello Stato interessato.
Chi non sembra curarsi di questo aspetto è il nuovo governo olandese guidato dal partito nazionalista PVV di Geert Wilders, che intende letteralmente rinunciare alle regole sull’immigrazione dell’Unione europea mediante un regime di asilo rigido con controlli più forti alle frontiere e regole più severe per i richiedenti asilo che arrivano nei Paesi Bassi.
Tuttavia, la revisione delle regole di Schengen sembra essere una prerogativa di tutti i governi europei, tanto che a oggi si contano 11 sospensioni temporanee attive varate da 8 diversi Stati europei. Nella maggior parte le motivazioni sono le tensioni dovute alla guerra in Ucraina e in Medio Oriente.
Il Vecchio Continente, dunque, sempre più marginale nel panorama geopolitico, sembra più impegnato a cavalcare l’allerta migratoria per motivi pseudo emergenziali che riguardano il “proprio cortile”, piuttosto che prendere posizioni sull’imbarazzante situazione nella Striscia di Gaza.