di Gionata Chatillard
Sale di livello lo scontro fra Israele e lo Yemen. Nelle ultime ore il Governo di Benjamin Netanyahu ha inviato aerei da guerra a bombardare il porto di Hodeidà, affacciato sul Mar Rosso. Obiettivo di quest’offensiva senza precedenti era rispondere agli attacchi portati recentemente a compimento dagli Houthi in territorio israeliano, ma anche quello di impedire che il gruppo yemenita continui a ricevere rifornimenti militari dall’Iran attraverso il citato scalo marittimo, il principale del Paese arabo. Il bilancio è di almeno 6 morti e quasi un centinaio di feriti, con le fiamme che hanno velocemente divorato il porto nutrendosi dei suoi serbatoi di petrolio.
Contrariamente a quanto succede abitualmente, l’Esercito israeliano questa volta ha rivendicato subito l’operazione, segnalando così anche a livello formale un’escalation nel conflitto con lo Yemen. Tanto più che poche ore dopo quest’offensiva sono poi entrate in azione anche le forze statunitensi e britanniche, con altri 4 attacchi aerei nella stessa regione.
Di questo e altro parlerà Netanyahu domani a Washington, quando renderà visita alla Casa Bianca prima di parlare di fronte al Congresso questo mercoledì. L’offensiva diplomatica israeliana si svolgerà parallelamente anche in Europa, con il presidente Isaac Herzog che si recherà a Parigi e Roma nei prossimi giorni, dove sono in programma incontri di alto livello con Emmanuel Macron, Giorgia Meloni e Sergio Mattarella.
Nel mentre, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres continua a chiedere la solita “moderazione” al Governo Netanyahu. La realtà è però che il conflitto in Medio Oriente non solo non accenna a placarsi, ma sta ormai bussando con crescente insistenza alle porte dell’Iran, principale alleato non solo degli Houthi, ma anche di Hezbollah. Proprio il Ministero degli Esteri della Repubblica Islamica ha dichiarato ieri che riterrà Israele e gli Stati Uniti responsabili di un eventuale allargamento della guerra.