di Elisa Angelone
Lo scorso 29 aprile si è tenuta online la prima conferenza mondiale sulla multipolarità. Conferenza organizzata dal Movimento Internazionale Eurasiatista di Aleksandr Dugin e dall’organizzazione brasiliana Nuova Resistenza che, nel corso di 19 ore continuative, ha raccolto gli interventi di oltre cento relatori da una sessantina di Paesi, dall’Europa all’Asia, dall’Africa al Nord e al Sud America.
Il background vario dei relatori -da politici ed ex politici, a giornalisti, ricercatori, filosofi, attivisti- ha permesso una discussione ampia e diversificata sul tema della multipolarità – un tema che, in virtù dei recenti sconvolgimenti geopolitici, si sta imponendo con una forza senza precedenti nel panorama attuale, con buona pace di quanti ancora vorrebbero ignorare il declino del cosiddetto ordine mondiale unipolare a guida statunitense rappresentato dal Summit for Democracy di fine marzo. Il mondo della democrazia liberale imposta con minacce e violenza da decenni a questa parte sta esalando gli ultimi disperati respiri. E’ da questo presupposto che parte la conferenza sulla multipolarità, il cui scopo è stato quello di discutere a 360 gradi gli approcci che dovrebbero idealmente guidare il nuovo ordine mondiale emergente, dove le peculiarità delle diverse civiltà non verranno più schiacciate dalla retorica globalista, ma troveranno un punto di incontro nel rispetto reciproco e nel dialogo tra pari.
E proprio il dialogo è il punto focale della maggior parte degli interventi.
Aprendo la conferenza, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha sottolineato come il movimento verso il multipolarismo globale sia ormai una realtà geopolitica. “I fatti”, ha detto Lavrov, “parlano da sé: la quota dei Paesi del G7 nell’economia globale si è ridotta notevolmente negli ultimi tre decenni, [mentre] il peso delle economie emergenti è in costante crescita”. Chi non è in grado di comprendere e seguire questa tendenza, secondo il diplomatico russo, finirà tra le fila dei perdenti. Tra questi sembra esserci proprio Washington, che persegue i propri vani sforzi di “invertire il corso della storia” trascinando a forza con sé l’intera comunità internazionale. “L’unica ragionevole alternativa al confronto”, ha concluso Lavrov, “consiste nell’unire gli sforzi dei maggiori centri mondiali sui principi della Carta delle Nazioni Unite, compreso il rispetto per l’uguaglianza sovrana degli Stati” nell’ottica di creare una nuova architettura globale basata su quello che il diplomatico russo definisce un “equilibrio di interessi”, esemplificata ad oggi da associazioni come i BRICS o la SCO.
A fargli eco è stata la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, che nel suo intervento si è concentrata sul ruolo sempre più determinante dei media nell’indottrinare la società imponendo un’unica voce che propone informazioni accuratamente filtrate. Secondo la Zakharova “non può esistere un unico centro di gestione delle informazioni come vorrebbero le élite occidentali”. Ad esso vanno contrapposte nient’altro che “la polifonia e il compromesso”. Obiettivi, questi, cui tenderebbe il nuovo concetto di politica estera della Federazione Russa, che intende basarsi su un approccio civilistico alle relazioni tra i paesi così come affermato nei secoli scorsi dal pensatore russo Nikolaj Danilevsky e dall’americano Samuel Huntington. Un approccio che parte dal presupposto che esistono diverse civiltà, ciascuna con i propri valori e il proprio destino. La loro convivenza pacifica intende essere l’essenza del nuovo mondo multipolare, il mondo “per il quale la Russia sta ora combattendo nei campi dell’Ucraina” ha affermato Kostantin Malofeev, vicepresidente del Consiglio mondiale del popolo russo. Per Malofeev “[la Russia] non sta combattendo contro il popolo ucraino, e nemmeno contro l’Ucraina, bensì contro la minoranza occidentale” che vuole governare il mondo.
D’altra parte, come ha osservato il filosofo Aleksandr Dugin, “l’umanità siamo noi, non loro”, “noi siamo il futuro, non loro”. Con “noi” il politologo russo include anche quanti in Occidente non intendono più sottostare al volere delle élite globaliste. Élite che, secondo il direttore del China Institute dell’Università di Shanghai, Zhang Weiwei, hanno inferto un duro colpo alla loro stessa egemonia unipolare con le loro sanzioni anti-russe e l’uso del dollaro come arma.
Il tema della de-dollarizzazione è stato protagonista dell’intervento del noto analista geopolitico Pepe Escobar, secondo cui le principali organizzazioni del mondo multipolare emergente, BRICS+ in primis, dovranno presto iniziare a discutere quale sarà la valuta alternativa e il paniere di valute legate a materie prime e come iniziare ad utilizzarle a livello di imprese in tutta l’Eurasia. I governi si uniranno poi automaticamente.
Sui media russi è stato dato particolare risalto alla dichiarazione del leader del partito turco Patria, Doğu Perinçek, che ha esortato a riconoscere ufficialmente e apertamente la Crimea e le nuove regioni come parte della Federazione Russa.
Tanti gli interventi che denotano la volontà dei partecipanti di agire in modo sinergico – volontà suggellata nelle dichiarazioni finali del Comitato Multipolare, per il quale il multipolarismo corrisponderebbe anche agli interessi della stessa civiltà occidentale che rischia per prima di venire soffocata per sempre da “astratte norme globaliste”.
“Al globalismo liberale e al modello unipolare hanno giurato solo le élite oligarchiche dominanti dell’Occidente e i segmenti associati delle élite non occidentali che accettano le regole del gioco globalista”, si legge nel comunicato.
Insomma, dalle ceneri del liberalismo globale sta nascendo un movimento internazionale che intende mettere al primo posto le civiltà come “entità sovrane e indipendenti”, anteponendo ai conflitti regionali la comune volontà di risolvere una volta per tutte il principale problema globale: l’unipolarità.
E’ con questo obiettivo in mente che i promotori della conferenza dello scorso sabato intenderebbero ora creare delle piattaforme multipolari regionali per studiare e promuovere il multipolarismo.
Parafrasando uno degli interventi, la storia, quindi, non è affatto finita trent’anni fa, ma va avanti a passi spediti.