di Elisa Angelone
Da qualche tempo si parla delle presunte mire polacche sui territori dell’Ucraina occidentale. A dire il vero, a parlarne, è stata in particolare la leadership russa, come ad esempio il capo del servizio di intelligence russa Sergej Naryshkin, che già l’anno scorso sosteneva che Varsavia, con l’appoggio di Washington, si stesse preparando per annettere quelle che considera proprie “terre storiche”, ovvero i territori di L’viv, Ivano-Frankovsk e la regione di Ternopil’. Un premio, forse, per l’impegno polacco per la causa di Kiev. Non a caso, secondo Mosca, già nei primi mesi del conflitto, la Polonia insisteva per inviare un “contingente di peacekeeping” in quelle parti dell’Ucraina non occupate dai russi. “Un tentativo”, secondo Naryshkin “di ripetere lo storico accordo dopo la prima guerra mondiale, quando l’Occidente collettivo riconobbe il diritto di Varsavia di occupare parte dell’Ucraina per proteggere la popolazione dalla ‘minaccia bolscevica’, per poi includere questi territori nello Stato polacco”.
Ma a parlarne non sono solo i russi. Anche l’autorevole portale belga Modern Diplomacy pubblicò un articolo a riguardo lo scorso ottobre, poi prontamente rimosso, ma non abbastanza in fretta da farne scomparire le tracce sul web. Il messaggio non deve evidentemente passare in modo così netto, ma più subdolo.
Proprio come ha fatto la storica rivista statunitense Foreign Policy, di proprietà del Washington Post. In un articolo pubblicato all’inizio di questa settimana, la rivista propone quello che definisce “un modo creativo di rispondere alle attuali sfide dell’Europa”, ovvero: la costituzione di un’unione polacco-ucraina sul modello della Confederazione polacco-lituana di 700 anni fa – un’unione politica che, ricorda l’articolo, comprendeva gran parte delle attuali Bielorussia e Ucraina e che permise a polacchi e lituani di affrontare insieme la minaccia dei Cavalieri Teutonici.
Ma i parallelismi non mancano neanche con la più recente riunificazione della Germania, che ha dimostrato come una simile idea sia praticabile “se esiste una sufficiente volontà politica”.
La creazione di un’unione di Polonia e Ucraina, che implicherebbe la fusione delle politiche estere e di difesa dei due Paesi, sarebbe nell’interesse sia di Kiev che di Varsavia, nonché dell’intera UE, poiché proteggerebbe il fianco orientale della NATO dalla minaccia russa. L’interesse di Kiev consisterebbe poi principalmente nella possibilità di liberarsi finalmente del proprio perenne status di “candidato” e accedere in maniera quasi “istantanea” all’Unione Europea, adottando la legislazione polacca nelle aree necessarie al funzionamento dell’Ucraina all’interno della comunità europea. L’Ucraina, insomma, avrebbe tutto da guadagnare.
Chi finanzierebbe quindi la ricostruzione ucraina in modo da colmare il divario economico che la separa dal vicino polacco? Ci sono i beni russi sequestrati, certo, ma ad occuparsi del finanziamento non dovrebbero essere i contribuenti polacchi, bensì “gli stati ricchi dell’Europa occidentale”. Anche loro, dopotutto, avrebbero tutto da guadagnare dalla creazione di un nuovo grande Stato membro a Est.
D’altra parte, i legami storici, culturali e sociali tra polacchi e ucraini non mancano, osserva Foreign Policy. Varsavia si è già attivata all’inizio del conflitto, approvando una legge che consente ai rifugiati ucraini di accedere a servizi solitamente riservati ai soli cittadini polacchi. Circa 3 milioni di ucraini vivrebbero stabilmente in Polonia, che non cessa di rappresentare il principale avamposto statunitense in Europa.
Il sostegno da oltreoceano è garantito e Washington avrebbe finalmente entrambi i piedi ben saldi nel Vecchio Continente. E lo conferma anche Foreign Policy, secondo cui “data la cronica incostanza della vecchia Europa, il futuro dell’Ucraina è troppo importante per essere lasciato nelle mani di Bruxelles, Parigi e Berlino”.