Irak: ora tocca all’Italia
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Gli Stati Uniti fermano la missione militare in Irak. “Ce ne andremo entro la fine dell’anno”, ha confermato Joe Biden dalla stanza ovale della Casa Bianca dove, lunedì 26 luglio, insieme al PM iracheno Mustafa Al-Kadhimi, il Presidente ha posto la firma per il ritiro delle truppe statunitensi dal paese mediorientale.
È durata 18 anni la presenza dell’esercito USA in Irak e, dopo circa un anno e mezzo dal voto del Parlamento iracheno che sanciva “lo sfratto” dell’esercito straniero, Biden ha dato l’ok per un progressivo ritiro dei circa 2.500 soldati ancora presenti nel paese.
Resterà presente in Irak, invece, l’esercito internazionale affiliato alla cosiddetta alleanza atlantica che, in Irak, è sotto il comando italiano, presente in quel paese dal lontano 2003. Tuttavia, oltre all’esercito italiano ad essere presente in Irak dal 2009 c’è anche la società Eni nonché la Bonacchi e la Renco, compagnie italiane impegnate nel settore petrolifero.
Dopo il confuso ritiro dall’Afghanistan, Biden ha affidato al Belpaese e alle forze della NATO il compito di controllo, consulenza e addestramento delle forze irachene. La decisione è arrivata dopo che due settimane fa, a Bruxelles, i leader dell’alleanza atlantica avevano concordato di rafforzare il loro sostegno all’Irak attraverso l’ampliamento della missione internazionale.
Tradotto in italiano corrente significa che l’Italia dovrà inviare più truppe e attrezzature mentre l’esercito degli Stati Uniti punterà i mirini verso la Cina e le regioni del Pacifico. L’importante, sembra dire Washington, è che la guerra possa continuare.
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