di Gionata Chatillard
Ad Ankara sono stati sufficienti due decenni scarsi per tornare a essere protagonista sulla scena africana. Gli antichi splendori dell’Impero Ottomano, che secoli fa si estendeva dall’Algeria all’Eritrea, sembrano oggi risorgere attraverso una serie di iniziative che oltre a certificare il ritorno dell’espansionismo turco, si pongono anche in concorrenza diretta con Stati Uniti, Cina e altri attori geopolitici che nel Continente nero sono ormai di casa.
In realtà, tutte le principali potenze del mondo stanno ormai cercando di ampliare la propria sfera di influenza in questa regione, tanto che qualcuno parla apertamente di una “nuova corsa all’Africa”, o per lo meno alle sue imponenti risorse naturali. La notizia, semmai, è che la Turchia di Recep Tayyip Erdogan ha deciso di non voler essere da meno, motivo per cui l’attuale presidente ha visitato personalmente 30 paesi di questo continente negli ultimi 15 anni, periodo in cui Ankara ha triplicato il numero di ambasciate in Africa, che oggi sono in totale 43. Una cifra che fa della Turchia il 4º paese più rappresentato nella regione dopo Stati Uniti, Cina e Francia.
Al centro dell’espansionismo di Ankara c’è ovviamente l’economia. Erdogan è stato attivissimo nell’organizzare forum commerciali in collaborazione con l’Unione Africana, riuscendo a portare il volume totale degli scambi con i paesi della regione a quasi 30 miliardi di dollari all’anno. Una cifra che nel 2003 era praticamente un decimo di quella attuale. Le aziende turche operano oggi con successo nell’ambito delle infrastrutture attraverso la costruzione di porti, aeroporti e ferrovie in tutto il continente, dal Sudan alla Tanzania passando per l’Etiopia e la Somalia. Nazioni dove Ankara è anche riuscita a sfilare a Pechino importanti progetti inizialmente assegnati proprio a compagnie cinesi.
Lo stesso dicasi nel campo dell’energia, con il paese euroasiatico che ha raggiunto accordi non solo con la Libia, ma anche con Algeria, Nigeria, Ciad e Somalia, le cui capitali sono ormai in buona parte raggiungibili con i voli della Turkish Airlines, compagnia di bandiera che dispone attualmente di oltre 60 destinazioni in 40 paesi del continente.
Ma oltre ad essere economica, la penetrazione di Ankara in Africa è anche militare. A cominciare dalla Libia, dove la Turchia è già un attore senza il quale è impossibile fare i conti. Altri programmi di addestramento militare sono poi presenti in Somalia, ma l’erede dell’Esercito ottomano si è visto impegnato anche in missioni di pace in Mali e nella Repubblica Centrafricana.
Il tutto senza tralasciare ovviamente il soft power e le attività delle ONG sponsorizzate dal Governo turco, molto attive nel finanziare la costruzione di scuole, ospedali e progetti di sviluppo di diverso tipo. La Fondazione statale Maarif, ad esempio, gestisce attualmente ben 175 scuole in 26 paesi, mentre migliaia di studenti africani hanno ricevuto negli ultimi anni borse di studio per proseguire il proprio percorso formativo nel paese euroasiatico. Una circostanza che ha contribuito all’espansione delle comunità africane in Turchia, dove ci sono ormai quasi 40 ambasciate del continente nero, praticamente il quadruplo rispetto a 15 anni fa. Numeri che sanciscono quella che è a tutti gli effetti una realtà: Ankara ha ormai un piede e mezzo in Africa, e nessuna intenzione di fare un passo indietro.