Medio Oriente l’ultima preda
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Israele ha approvato il cessate il fuoco sulla Striscia di Gaza dapprima unilaterale, poi confermato da Hamas. I ministri del governo Netanyahu hanno concordato “di accettare l’iniziativa egiziana per un cessate il fuoco reciproco senza condizioni”. Prima del voto di gabinetto l’esercito ha presentato ai ministri gli obiettivi militari raggiunti durante l’operazione “Guardiano delle Mura”: alcuni di questi “senza precedenti”. Oltre 100 km di tunnel distrutti, circa 25 alti comandanti di Hamas e della Jihad islamica e 200 membri di Hamas eliminati, 640 rampe di lancio di razzi distrutte, insieme ad altri armamenti. Rasi al suolo anche 10 ministeri, la Banca Centrale palestinese, 11 strutture di comando di Hamas, dozzine di campi e avamposti. Circa il 90% dei razzi lanciati su Israele sono stati intercettati. La Palestina piange anche 243 vittime solo a Gaza; 63 erano bambini. Oltre duemila i feriti di cui un terzo adolescenti. Hamas, da Gaza, ha pubblicato quelle che ha definito le linee guida per una vera pace in Palestina e pretende il ritiro delle truppe israeliane dai territori occupati, il riconoscimento di Hamas come soggetto politico, la fine degli sfratti a Gerusalemme e il risarcimento dei danni. Non è certamente finita qui. La preoccupazione resta elevata, soprattutto nell’enclave palestinese assediata da Israele dopo che il premier israeliano Netanyahu, prima del cessate il fuoco, ha rigettato l’appello del presidente americano Joe Biden per un’immediata e significativa “de-escalation”. Gli avvoltoi volano ancora sulle macerie dunque. D’altronde, la campagna di undici giorni di bombardamenti israeliani denominata “Guardiano delle Mura” rientra nell’elenco storico della violenza israeliana contro i palestinesi insieme a “Piombo Fuso” nel 2008, “Colonna di Nuvola” nel 2012 e “Margine Protettivo” nel 2014. Da oltre Oceano, il Dipartimento di Stato statunitense ha subito reso noto che il segretario di Stato, Antony Blinken, si recherà in Medio Oriente per incontrare le controparti “israeliane, palestinesi e regionali” per “lavorare insieme e costruire un futuro migliore”. Continua però a sostenere “il diritto di Israele di difendersi”, dopo avere lasciato a Tel Aviv, prima della tregua, il tempo per uccidere e devastare. Anzi, Washington promette di rinforzare il sistema di difesa antimissile israeliano Iron Dome. Ma questa volta la strategia di Zio Sam ha, in parte, fallito: la volontà di dividere i palestinesi, ovunque vivano – a Gaza, in Cisgiordania e all’interno di Israele – è miseramente fallita, grazie alle manifestazioni interne a Israele nelle città cosiddette miste. Gli equilibri geopolitici in un mondo in forte mutamento cambiano velocemente, e il dialogo tra sunniti e sciiti, fino a qualche tempo fa insperato, ma comunque sempre interessato, ora potrebbe stravolgere il mondo e Netanyahu, mentre la Cina trova un posto nelle trattative e negli affari mediorientali. Mentre Mosca tratta con Israele, Pechino non può ancora garantire “aiuti” economici a Israele per un valore di quasi 4 miliardi di dollari all’anno e 8 miliardi di dollari in garanzie di credito, come invece fa Washington. Nella partita dunque non operano solo attori regionali come Egitto e Qatar perchè la regione medio orientale è l’ultima preda prima della catastrofe mondiale.
☀️ A cura di Margherita Furlan
☀️ Con la collaborazione di Jeff Hoffman, Fabio Belli, Gionata Chatillard
☀️ Editing di Mattia Di Nunzio
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