di Margherita Furlan
La 79ª sessione generale dell’Assemblea delle Nazioni Unite è entrata nel vivo. Durante il suo intervento al Palazzo di Vetro, Volodymyr Zelensky ha esortato una maggiore pressione diplomatica su Mosca, affermando che “all’Onu è impossibile fermare la guerra, perché la Russia ha potere di veto nel Consiglio di Sicurezza“. Il ministro degli Esteri britannico Lemmy ha definito Putin un proprietario di schiavi e la Russia uno stato mafioso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il ministro degli Esteri russo Sergeij Lavrov e quello cinese Wang Yi hanno più seriamente discusso delle «prospettive per risolvere la crisi ucraina», giudicando «inaccettabili le sanzioni imposte dai Paesi occidentali aggirando le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu». Lavrov e Wang hanno anche discusso dei modi per «contrastare l’escalation occidentale della situazione nella regione Asia-Pacifico e attorno a Taiwan». Lavrov in un’intervista per un documentario intitolato “L’ONU dal XX° al XXI secolo”
ha ribadito che “garantire l’integrità territoriale dell’Ucraina è un’interpretazione fuorviante della Carta delle Nazioni Unite, in cui il diritto delle nazioni all’autodeterminazione viene anteposto all’integrità territoriale. Prima ancora di esigere il rispetto dell’integrità territoriale, ha sottolineato il capo della diplomazia russa, la Carta delle Nazioni Unite esige il rispetto dei diritti umani senza distinzione di razza, sesso, lingua o religione. Ora che il regime nazista di Zelensky, nutrito dall’Occidente, ha vietato sia la lingua che i diritti religiosi a una larga parte della sua popolazione, l’Occidente ha riposto le bandiere che sventolava da decenni”. La Russia sostiene come legittime le aspirazioni di India e Brasile di assicurarsi seggi permanenti nel Consiglio di sicurezza. Tuttavia, anche le aspirazioni africane devono essere soddisfatte, secondo Lavrov. La posizione russa implica dunque la fornitura di seggi aggiuntivi per Asia, Africa e America Latina.
La giornata è quindi oggi all’insegna dell’Ucraina. Dopo l’intervento di Zelensky che ha attaccato Putin affermando che mirerebbe agli impianti nucleari ucraini, Joe Biden presiederà alle 15.30 (le 21.30 in Italia) un evento con i leader mondiali, lanciando una dichiarazione congiunta di sostegno per la ripresa e la ricostruzione dell’Ucraina. Giorgia Meloni parteciperà in videocollegamento da Roma, dove nel 2025 si terrà un summit per la rinascita dell’Ucraina.
Ma la prima giornata è contraddistinta anche dalla questione della guerra a Gaza e in Libano. Il presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva ha accolto per la prima volta la delegazione della Palestina come nazione osservatrice. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha perorato il diritto di Israele a condurre una guerra difensiva, pur esortando un immediato cessate-il-fuoco. Diversi leader hanno invece condannato duramente le azioni dello Stato ebraico. Il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan ha addirittura paragonato il primo ministro israeliano Binyamin Netanyahu ad Adolf Hitler, chiedendo all’Onu di autorizzare l’uso della forza per permettere a una “alleanza dell’umanità” di fermare la sua “rete di omicidi”.
La Cina «continuerà a sostenere l’Iran nella difesa della sua sovranità, della sicurezza, dell’integrità territoriale e della dignità nazionale». Queste le parole del capo della diplomazia cinese, Wang Yi, che a margine dei lavori dell’Assemblea generale dell’Onu ha incontrato il presidente iraniano Masoud Pezeshkian nel mezzo dell’escalation in Medio Oriente. Israele continua a martellare obiettivi nel sud del Libano degli Hezbollah libanesi. La Cina, ha detto Wang, «si oppone alle interferenze esterne negli affari interni dell’Iran, alle sanzioni e alle pressioni» sulla Repubblica Islamica.
Molti delegati hanno infine criticato l’inerzia del Consiglio di Sicurezza, domandando riforme profonde, tra cui l’assegnazione di due seggi permanenti con diritto di veto per l’Africa.