di Elisa Angelone
Il Sudafrica era da tempo nel mirino dell’Occidente collettivo per la sua indulgenza verso la Russia, culminata nell’invito al vertice BRICS di quest’estate al presidente russo Vladimir Putin. A febbraio, poi, Pretoria aveva tenuto esercitazioni militari congiunte insieme a Mosca e Pechino al largo delle coste sudafricane. Esercitazioni criticate in Occidente anche perché svoltesi provocatoriamente nell’anniversario della cosiddetta “aggressione russa dell’Ucraina”. Insomma, gli sponsor del regime di Kiev vorrebbero vedere anche il Sudafrica allineato contro la cosiddetta minaccia russa, ma la battaglia -almeno per il momento- sembra persa in partenza. Il Sudafrica, che quest’anno detiene la presidenza BRICS, è infatti dichiaratamente interessato all’avanzamento del modello multipolare a trazione sino-russa e all’espansione dell’alleanza, puntando a far valere gli interessi africani. In questo senso, quindi, le autorità sudafricane si sono dimostrate sempre critiche nei confronti dei doppi standard occidentali, irritando non poco Washington&alleati.
Oggi si è così arrivati alle accuse dirette. L’ambasciatore statunitense in Sudafrica, Reuben Brigety, ha infatti accusato Pretoria di aver fornito armi alla Russia. Stando a quanto riferito alla stampa dal diplomatico, Washington avrebbe informazioni secondo cui le presunte munizioni sarebbero state caricate su una nave russa che avrebbe attraccato per tre giorni ad una base navale vicino a Città del Capo lo scorso dicembre per poi fare ritorno in Russia. Un atto, questo che gli Stati Uniti giudicano “estremamente grave” e che “mette in discussione la posizione neutrale del Sudafrica rispetto al conflitto in Ucraina”.
Le accuse di collaborazionismo con Mosca sono di solito il preludio a nuove sanzioni per gli Stati terzi non-allineati. I rapporti amichevoli di Pretoria con la Russia di Putin e la riluttanza ad eseguire il mandato della CPI sono senz’altro un motivo sufficiente per colpire il governo Ramaphosa.