Wuhan ‘casus belli’ come la fialetta di Colin Powell?
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A Pechino non è piaciuta la brusca sterzata di 180 gradi compiuta da Washington in merito alle origini del Covid-19. La possibile ingegnerizzazione del virus nel laboratorio di Wuhan -considerata dal mainstream come un’enorme fake news quando a denunciarla era l’allora presidente Donald Trump- è diventata all’improvviso la versione ufficiale dettata dal pensiero unico mediatico da un lato e dall’altro dell’Oceano Atlantico. Una versione che, secondo Pechino, sembra rispondere più a ragioni geopolitiche che scientifiche. Tanto che la diplomazia cinese ha azzardato un paragone fra questa teoria e le accuse rivolte all’Iraq nel 2003, quando il segretario di Stato Colin Powell andò all’ONU ad agitare una fialetta accusando l’Irak di aver prodotto armi di distruzioni di massa.
Quell’episodio -una delle più grandi bufale mai date in pasto all’opinione pubblica mondiale- servì a creare un casus belli per giustificare l’invasione e l’occupazione del paese asiatico da parte delle truppe statunitensi e dei loro alleati, che rovesciarono con la forza il regime di Saddam Hussein. La Cina teme adesso che la teoria sulla fuoriuscita del virus da un laboratorio possa essere l’anticamera di un nuovo conflitto, in un momento in cui le tensioni fra Washington e Pechino sono già alle stelle.
“Le origini del Covid-19 sono una questione scientifica che non deve essere politicizzata”, ha twittato il portavoce dell’Ambasciata cinese a Washington. Liu Pengyu ha denunciato una vera e propria “campagna di menzogne per diffamare Pechino”, sostenendo che il modus operandi dell’Amministrazione Biden “non è diverso” da quello che portò alla guerra contro l’Iraq. Con la pericolosa differenza che Pechino, a differenza di Baghdad, le armi di distruzioni di massa ce le ha veramente, e non le nasconde.
☀️ A cura di Margherita Furlan
☀️ Con la collaborazione di Fabio Frabetti, Jeff Hoffman, Gianmarco Maotini, Fabio Belli, Gionata Chatillard
☀️ Editing di Gennaro Gargiulo e Mattia Di Nunzio
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