di Elisa Angelone
Oggi, 13 aprile, si è svolta nella città uzbeka di Samarcanda, la quarta conferenza ministeriale dei paesi vicini all’Afghanistan – una piattaforma di dialogo stabilita nel 2021 da Cina, Iran, Pakistan, Russia, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan.
All’incontro di oggi hanno partecipato i ministri degli Esteri di Cina, Iran, Pakistan e Russia per discutere a 360 gradi della situazione in Afghanistan e concordare una posizione comune di fronte alle sfide della regione ora sotto il controllo dei talebani. In primo piano le minacce terroristiche provenienti dal territorio afghano e il traffico di droga, tristemente protagonista nella regione centro-asiatica. Situazione, questa che, secondo Mosca, viene sfruttata da altri paesi per espandere la propria presenza nella regione con il pretesto di combattere il terrorismo internazionale.
Una frecciatina questa agli Stati Uniti, alla CIA e all’Alleanza Atlantica, che il quartetto diplomatico a Samarcanda critica per il dispiegamento di basi militari NATO nella regione.
Nella dichiarazione congiunta rilasciata al termine dell’incontro, i ministri dei quattro paesi partecipanti hanno esortato le autorità talebane a formare un governo inclusivo e a revocare tutte le misure restrittive nei confronti delle donne e delle minoranze etniche in Afghanistan, garantendo al contempo la propria disponibilità, in quanto partner regionali, ad assistere Kabul nella ricostruzione del Paese e ad avviare relazioni commerciali.
Allo stesso tempo il quartetto di ministri non manca di esprimere sostegno al rispetto della sovranità, indipendenza e integrità territoriale del paese afghano.
Nella dichiarazione si sottolinea infatti come un Afghanistan stabile e pacifico sia nell’interesse dell’intera comunità internazionale, che dunque dovrebbe fare di Kabul un teatro di cooperazione piuttosto che di rivalità geopolitiche.
Non mancano poi riferimenti più diretti, lanciati in primis dal ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian, secondo cui le condizioni di instabilità e di estrema povertà dell’Afghanistan sarebbero da attribuire all’intervento ventennale degli Stati Uniti e dei loro alleati. Posizione, questa, condivisa dagli altri diplomatici e sottoscritta nella dichiarazione finale congiunta. Un invito a Kabul a tendere la mano ai partner regionali invece che alle nazioni occidentali. Un nuovo mondo -ormai è chiaro- si va formando.