di Gionata Chatillard
Nonostante si trovi in piena campagna elettorale, Recep Tayyip Erdogan aveva fino a questo momento evitato di criticare apertamente Washington, continuando a puntare su quell’ambiguità strategica grazie a cui ha proiettato la Turchia al ruolo di potenza regionale. A cambiare le carte in tavola ci ha però pensato l’ambasciatore statunitense Jeff Flake con la sua decisione di riunirsi personalmente con Kemal Kilicdaroglu, principale rivale proprio di Erdogan in vista delle elezioni presidenziali del prossimo maggio.
L’incontro non è decisamente andato giù al capo di Stato turco, che si è sentito scavalcato nelle gerarchie. Erdogan ne ha così approfittato per togliersi qualche sassolino dalla scarpa e rimproverare il diplomatico statunitense, accusandolo di essersi dimenticato di essere un ambasciatore. “Il tuo interlocutore qui dovrebbe essere il presidente. Vergognati e usa il cervello”, ha detto il capo di Stato all’inviato di Washington, prima di fargli sapere che non ha nessuna intenzione di riceverlo personalmente. “Le nostre porte sono chiuse per lui, così imparerà quali sono i suoi limiti”, ha spiegato Erdogan, assicurando che a maggio gli elettori turchi daranno una “lezione” agli Stati Uniti.
Le parole del presidente arrivano dopo anni di ruggine fra Washington e Ankara. Il conflitto in Siria, la questione dei curdi, le sanzioni a Mosca, l’entrata della Svezia nella NATO e l’acquisto di armi russe da parte dell’Esercito turco sono dossier che hanno profondamente diviso i due paesi negli ultimi mesi. I nodi rischiano adesso di venire al pettine, dopo che a novembre il il Governo turco aveva addirittura respinto il cordoglio dell’ambasciata statunitense per l’attentato dinamitardo di Istanbul, causato secondo Ankara dai separatisti curdi del PKK.
Da allora, il cambio al vertice della delegazione americana, con l’arrivo di Flake come inviato di Washington lo scorso gennaio, non sembra aver migliorato la relazione fra i due paesi, anzi. Solo un mese fa, il ministro dell’Interno turco aveva esortato il diplomatico statunitense a “togliere le sue sporche mani dalla Turchia”. E adesso, il filo diretto fra Flake e il rivale di Erdogan alle presidenziali potrebbe essere la goccia capace di far traboccare il vaso della pazienza di Ankara, con Erdogan che sente ormai puzza di rivoluzione colorata e si mostra sempre meno disposto a tollerare le ingerenze di Washington.