di Jeff Hoffman
Sinan Ogan, il candidato che con il 5,2% dei voti alle elezioni presidenziali turche era arrivato terzo, ha fatto sapere che sosterrà il presidente in carica Recep Tayyip Erdogan al ballottaggio di domenica 28 maggio.
Un possibile salto in avanti verso la vittoria del poco gradito da Washington presidente uscente.
Alleanza Ancestrale, tuttavia, è formata da un gruppo di piccoli partiti che, stando alle prime dichiarazioni, non seguiranno compattamente le indicazioni del leader.
Il primo a dare segnali discordanti è stato Vecdet Oz del Partito della Giustizia, confermando che l’intero pacchetto del terzo classificato non verrà riversato nel bacino elettorale di Erdogan. Il voto in Turchia, tuttavia, considerato il riposizionamento degli equilibri internazionali, sta letteralmente facendo tenere il fiato sospeso a Washington come a Mosca.
A preoccupare la Casa Bianca è l’orientamento strategico della Turchia in caso di vittoria di Erdogan, che Washington aveva già provato a detronizzare con il fallito colpo di stato del 2016. Inoltre, a non andare giù al governo degli Stati Uniti è il sempre più stretto rapporto di collaborazione con il presidente russo, Vladimir Putin.
“La Turchia ha un rapporto speciale e crescente con il presidente Putin nonostante le forti pressioni su Ankara”, ha dichiarato Erdogan in un’intervista esclusiva alla CNN, aggiungendo che Russia e Turchia hanno bisogno l’una dell’altra.
Dietro lo scenario elettorale, in ogni caso, la Turchia fa parte di quella crescente lista di nazioni che hanno bussato alla porta dei BRICS inviando un chiaro messaggio al decadente impero del dollaro statunitense.
Sul fronte dei media dominanti, nonostante le plateali smentite, la narrativa delle influenze russe, stavolta in Turchia, va in onda a reti unificate.