di Gionata Chatillard
Che il green pass, una volta arrivato, fosse destinato a non andarsene più via, sembra oggi non stupire nessuno. Né chi aveva saputo prevedere e denunciare questa deriva in tempi non sospetti, né chi invece aveva fin da subito derubricato tale ipotesi a mera fantasia complottista. Sono anzi gli stessi organi di disinformazione che fino a poco tempo fa ritenevano inverosimile l’adozione di un passaporto sanitario mondiale a considerarla oggi del tutto normale. Anche perché nasconderla sotto il tappeto è ormai impossibile, dal momento che OMS e Unione Europea hanno appena firmato un accordo che prevede di prolungare questo sistema di certificazione sanitaria anche a “pandemia” conclusa.
Per l’ennesima volta, quindi, i provvedimenti adottati dai Governi per far fronte a una determinata emergenza finiscono per sopravvivere all’emergenza stessa, ovvero alla causa che, almeno inizialmente, era servita a giustificarli. Un po’ come successo coi controlli aeroportuali post 11 settembre, anche il green pass si appresta quindi a entrare nel terreno dell’ordinaria amministrazione. Ufficialmente, l’obiettivo principale delle autorità sarebbe quello di “proteggere” la salute dei cittadini del mondo intero. Ma non solo: secondo le contorte logiche della neolingua globalista, infatti, il passaporto sanitario universale dovrebbe anche servire a rendere più facili gli spostamenti. Difficile però capire in che modo, dal momento che la ragion d’essere di questo certificato è proprio quella di limitare la mobilità di chi non ne sia in possesso.
Facile pensare che i primi a festeggiare l’accordo siglato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Commissione Europea siano stati coloro che da anni puntano apertamente sull’adozione di un sistema universale di certificazione digitale, ovvero le centrali di potere globaliste come il World Economic Forum e i soliti noti della filantropia mondiale, capitanati ancora una volta da Bill Gates. Il tutto sulla base di un’esperienza, quella del lasciapassare sanitario, che col tempo si è rivelata non solo discriminatoria, ma anche inutile. A metterlo nero su bianco, se ce ne fosse ancora bisogno, è anche l’ultimo rapporto dell’Inail, l’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, che denuncia come i contagi abbiano subito un forte aumento proprio nel periodo in cui il green pass era in vigore. Eppure, invece di fare giustizia e pensare a come risarcire coloro a cui è stato negato persino il diritto al lavoro, le autorità europee fanno finta di niente e decidono di fuggire in avanti dando un ulteriore giro di vite sulla sorveglianza globale.