di Margherita Furlan e Fabio Belli
Il regime di Kiev ha ammesso pubblicamente di aver pianificato l’attacco al ponte di Crimea.
Quanto dichiarato contraddice la versione sostenuta fino ad ora da Kiev che ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nell’attentato avvenuto l’8 ottobre 2022. Persino il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, a fine ottobre 2022, dichiarò in un’intervista televisiva che l’Ucraina non era coinvolta in quell’esplosione. Ieri, 9 luglio, l’esercito ucraino ha lanciato un missile arrivato a 70 chilometri dalla centrale nucleare di Desnogorsk, nella regione di Smolensk, in Russia. Per il sempre caustico vice presidente del Consiglio di Sicurezza russo, Dmitry Medvedev, “se si dimostra che si trattava di un tentativo di colpire la centrale nucleare, vale la pena considerare un attacco simultaneo su diverse centrali nucleari ucraine, nonché su impianti nucleari nell’Europa orientale”. E’ evidente che il disastro nucleare mira a una risposta del nemico per far entrare in guerra la NATO, l’unica via di salvezza per il regime di Kiev. Ieri, Kiev ha lanciato cinque missili S-200, di origine NATO, con obiettivi il ponte di Crimea, le regioni di Kaluga, Briansk, e di Rostov. I missili sono stati intercettati dalla difesa aerea russa e distrutti.