di Margherita Furlan e Fabio Belli
Quando i grandi media guardano il dito indice, è ottima consuetudine cercare la verità se non sulla Luna, quantomeno alzando lo sguardo su di un altro fronte.
Ieri, 23 agosto, un jet privato si è schiantato nella regione russa di Tver. Sull’Embraer 135BJ Legacy 600 in viaggio da Mosca a San Pietroburgo hanno perso la vita i tre membri dell’equipaggio e i sette passeggeri a bordo. Alcuni brevi filmati mostrano un velivolo che precipita verso il suolo con una rotazione apparentemente incontrollata, lasciando dietro di sé una scia di fumo nero. Testimoni oculari hanno detto di avere sentito due forti boati prima che l’aereo precipitasse e che parti dell’aereo sono sparse in diverse direzioni in un’area vasta circa cinque chilometri. Secondo i dati di Flightradar, alle 18:10 l’aereo è salito a un’altitudine di 8,5 chilometri sopra Tver e, dopo 9 minuti di volo orizzontale e una salita a 9,1 chilometri, il velivolo ha iniziato a scendere perdendo nettamente quota per 22 secondi a 2,5 chilometri di altezza, dopodiché le comunicazioni si sono interrotte. I dati ufficiali delle indagini preliminari asseconderebbero la tesi di un’esplosione verificatasi nell’area del carrello d’atterraggio tramite un ordigno appositamente posizionato. Lo staccamento dell’ala avrebbe compromesso la stabilizzazione del velivolo e la depressurizzazione della fusoliera avrebbe causato la perdita di conoscenza degli occupanti impossibilitati a compiere qualsiasi manovra o a segnalare l’emergenza.
Nella tarda serata di ieri, i funzionari russi hanno affermato di aver recuperato otto corpi descritti come gravemente ustionati. Stamani tutti i resti sono stati inviati all’obitorio di Tver per l’analisi del DNA. Rosaviatsiya, l’Agenzia federale russa per il Trasporto aereo, ha tuttavia da subito confermato che Evgeny Prigozhin, inizialmente dato come passeggero su un altro aereo decollato e ritornato a terra dopo la notizia dell’incidente, è tra le vittime insieme all’intero comando superiore della compagnia mercenaria russa Wagner. L’agenzia federale ha inoltre affermato che oltre a Prigozhin, sullo stesso aereo viaggiasse Dmitry Utkin, reale fondatore di Wagner, estimatore di Adolf Hitler, ex ufficiale del GRU. Di lui poco si scrive in queste ore, ma di certo in Russia contava. Russia, dove i media si sono affrettati a dare la notizia della morte di Prigozhin, appena rientrato dall’Africa, con straordinario zelo e altrettanta velocità. Tanto che Alicia Kearns, presidente del comitato ristretto per gli Affari Esteri del Regno Unito, ha potuto osservare: “La rapidità con cui il governo russo ha confermato la morte di Prigozhin dovrebbe dirci tutto ciò di cui abbiamo bisogno di sapere.” Ma la verità è sempre vittima della semplificazione e spesso tarda ad arrivare.
Ieri alle 19, ora di Mosca, poche ore dopo l’incidente aereo, un jet del “Ministero per le situazioni di Emergenza” russo è volato dall’aeroporto Zhukovsky di Mosca a Damasco. L’aereo si è fermato due ore nella capitale siriana, dove Utkin aveva preso parte alla campagna militare russa, prima di proseguire per Bamako, in Mali, per ragioni ad oggi sconosciute, poco prima della epocale dichiarazione di Johannesburg, in Sudafrica, che vede il mondo cambiare con una velocità stratosferica. Uno stravolgimento dell’asse del potere mondiale questo che, può piacere o meno, connoterà molti stravolgimenti, anche drammatici, di cui è difficile cogliere la portata a un’analisi – quella dei grandi media – che preferisce restare in superficie.