di Fabio Belli
Nella notte tra martedì 29 e mercoledì 30 agosto si è verificato il più grande attacco di droni sul territorio della Russia Centrale.
Secondo quanto riportato dal ministero della Difesa russo, diversi velivoli sono stati abbattuti in varie zone della Federazione. Ad essere colpite ancora una volta anche le regioni di Kaluga e di Mosca.
Ma l’attacco apparentemente più significativo è quello avvenuto all’aeroporto di Pskov dove alle 23.40 ora locale, 20 droni, la maggior parte neutralizzati, hanno preso di mira un serbatoio carburante e quattro aerei parcheggiati, due dei quali danneggiati seriamente.
Pskov si trova a 65 chilometri dal confine con la Lettonia e a 50 chilometri da quello con l’Estonia pertanto, come sottolineano alcuni esperti militari, risulta difficile pensare che un numero così elevato di droni abbia potuto volare indisturbato dal confine ucraino che dista 800 km.
Non a caso il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha reso noto che gli esperti militari sarebbero al lavoro per individuare le traiettorie utilizzate e alla domanda se Mosca stia prendendo in considerazione l’ipotesi che gli attacchi abbiano avuto origine dai confinanti Paesi baltici della NATO, Peskov ha aggiunto che le operazioni militari speciali continueranno a prevenire tali minacce.
Per la portavoce degli Esteri, Maria Zakharova, gli attacchi sarebbero invece le agonie del regime di Kiev; “l’odio insensato, la malizia e la mancanza di qualsiasi prospettiva per il proprio sviluppo hanno generato questo tipo di attività terroristica”, ha detto la Zakharova che ha sottolineato come l’Ucraina abbia esaurito le sue opzioni con dimostrazioni di pura inutilità.
Poche ore dopo l’attacco di Pskov, diversi gruppi di droni russi hanno bersagliato Kiev da diverse direzioni. Ai velivoli senza pilota si sarebbero aggiunti i missili lanciati dagli aerei strategici Tu-95ms.