di Gionata Chatillard
Un “fallimento catastrofico” e “inspiegabile”. Con queste parole la stampa occidentale prova a sintetizzare la disfatta dei servizi segreti israeliani, presi completamente di sorpresa dall’offensiva palestinese di sabato scorso. Quello che tradizionalmente era considerato come uno degli apparati di Intelligence più efficienti del mondo non solo non è stato in grado di prevedere l’attacco, ma non ha neanche saputo organizzare una risposta rapida e incisiva in grado di sventarlo.
A essere ancora più misterioso è poi il fatto che Hamas abbia potuto mettere in piedi un arsenale di questa entità senza che i servizi israeliani se ne rendessero conto. Possibile che il Mossad e le altre agenzie di sicurezza abbiano sottovalutato quella che per loro dovrebbe essere la più scontata delle minacce? Ed è credibile spiegare questa svista semplicemente tirando in ballo le frizioni interne di un paese politicamente spaccato?
Mentre gli esperti di difesa provano a spiegare come i palestinesi abbiano potuto bucare sofisticati sistemi di difesa aerea grazie a raffiche di missili a basso costo, su giornali e televisioni occidentali si fa largo il parallelismo con gli attacchi dell’11 settembre del 2001. Non solo per la portata storica di quanto successo, ma anche, dice letteralmente il Washington Post, per quella “strana cecità” che ha preceduto entrambe le offensive. Una “cecità” che per molti analisti è semplicemente “inspiegabile”, ma che per altri potrebbe far pensare a una false flag. A supporto di questa interpretazione ci sarebbe il timing della decisione, annunciata pochi giorni fa da Washington, di permettere agli israeliani di entrare negli Stati Uniti anche senza visto.
Per il momento, l’offensiva palestinese ha avuto l’effetto di ricompattare -almeno parzialmente- l’opinione pubblica israeliana dopo mesi di scontri e manifestazioni contro il Governo. Per capire se il parallelismo con l’11 settembre potrà essere spinto anche oltre, occorrerà invece aspettare l’entità della risposta di Netanyahu, che seguendo l’esempio statunitense di 22 anni fa potrebbe anche decidere di estendere il conflitto a migliaia di chilometri di distanza dalle proprie frontiere.