di Fabio Belli e Jeff Hoffman
Le fantomatiche rivelazioni da parte delle forze armate israeliane sui tunnel sotterranei di Hamas, che si troverebbero sotto gli ospedali di Gaza, sono state smentite da un servizio dell’emittente Al Jazeera.
Secondo l’indagine, che ha coinvolto anche un ingegnere che aveva preso parte alla costruzione di un ospedale nell’enclave palestinese, il portello di accesso, visibile dalle immagini satellitari, non sarebbe altro che un serbatoio d’acqua utilizzato dalle strutture sanitarie per riempire le piscine terapeutiche, irrigare i terreni e disporre di una riserva d’acqua in caso di emergenza.”
Da Tel Aviv, nel frattempo, l’ex primo ministro, Ehud Olmert, risponde ai giornalisti iraniani affermando che l’opinione pubblica israeliana è stanca di questo governo, dei suoi fallimenti e delle politiche apocalittiche. E mentre gli israeliani manifestano contro il primo ministro Netanyahu, viene fuori che l’ufficio politico di Hamas nella capitale catarina è stato richiesto da Washington nel lontano 2006. Abbiamo accettato di ospitare l’ufficio politico di Hamas dopo la richiesta degli Stati Uniti di aprire un canale di comunicazione con il gruppo, riporta il Financial Times cambiando le carte in tavola.
L’impressione è che la cosiddetta “unica democrazia del Medio Oriente” stia cercando in tutti i modi di imbrigliare l’opinione pubblica. Ne è riprova il fatto che l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha diramato un comunicato in cui considera complici di crimini contro l’umanità i fotoreporter che hanno scattato foto dell’attacco contro Israele il 7 ottobre scorso. Una complicità considerata contraria all’etica professionale e per la quale il governo israeliano minaccia “un’azione immediata”. Non a caso due giornalisti testimoni all’interno di Gaza, hanno riferito all’emittente Russia Today che l’esercito israeliano prenderebbe di mira i giornalisti impedendo loro la diffusione delle informazioni. Secondo gli ultimi dati del Sindacato dei giornalisti palestinesi, almeno 44 operatori dei media sono stati uccisi a Gaza dal 7 ottobre.
Intanto il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha respinto la proposta degli Stati Uniti di gestire la sicurezza a Gaza. Lo riporta il Wall Street Journal secondo il quale al-Sisi, in un incontro con il direttore della CIA William Burns al Cairo, avrebbe escluso di avere qualsiasi ruolo nell’eliminazione di Hamas, poiché ha bisogno del gruppo armato palestinese per mantenere la sicurezza al confine con l’enclave palestinese.
Voci discordanti dall’asse Washington-Tel Aviv arrivano ancora una volta dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che nel suo discorso al vertice dell’Organizzazione per la cooperazione economica a Tashkent, in Uzbekistan, ha invitato le nazioni musulmane a pronunciarsi più attivamente contro gli attacchi israeliani a Gaza. “Se non alziamo insieme le nostre voci come musulmani oggi, quando le alzeremo?” ha affermato il leader turco sottolineando la debolezza dell’Occidente nel chiedere un cessate il fuoco.
Anche Mosca ha a che ridire con Israele dopo che l’ambasciatore del Paese in Russia, Ben Zvi, ha detto che per concordare le liste dei cittadini russi da evacuare da Gaza potrebbero essere necessarie fino a due settimane. “Siamo rimasti davvero scioccati da queste affermazioni”, ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova che ha reso noto l’adempimento di Mosca nell’aver compilato elenchi di russi che lasceranno Gaza attraverso il valico di Rafah. “La logica di questa attesa”, ha concluso la portavoce , “è, ovviamente, inaccettabile”.