di Fabio Belli
Prosegue la mattanza israeliana nella Striscia di Gaza con le strutture sanitarie prese di nuovo di mira. Ieri, 12 novembre, l’esercito di Tel Aviv ha attaccato il reparto maternità dell’ospedale Al-Shifa.
Secondo fonti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, gli ospedali nel nord di Gaza riescono a malapena a prendersi cura dei pazienti, dovendo far fronte, oltre ai bombardamenti, alle interruzioni di corrente. Una versione confermata anche dai testimoni e dagli operatori sanitari dell’enclave secondo i quali 22 su 35 ospedali avrebbero smesso di funzionare. Inoltre, secondo un comunicato del comune di Gaza, la situazione sarebbe critica con acque reflue e rifiuti diffusi ovunque, oltre al costante divampare di incendi; il tutto aggravato dal fatto che solo l’8% delle risorse idriche sarebbero disponibili per i prossimi due giorni e le scorte di carburante carenti. La catastrofe umanitaria, per le autorità municipali dell’enclave, è dietro l’angolo e la minaccia incombente di epidemie è sempre più concreta. Nonostante ciò Israele continua a contestare la realtà con la complicità dei media occidentali. In un articolo della BBC, il presidente israeliano, Isaac Herzog, ha negato gli attacchi ad al Shifa: secondo Herzog “tutto funziona” in ospedale e non vi sarebbero neanche i blackout.
Un altro dato sconfortante riguarda le scuole di Gaza, tutte chiuse dall’inizio dell’escalation. Secondo l’Ufficio centrale di statistica palestinese, circa 3.117 studenti dell’enclave sono stati uccisi dal 7 ottobre, oltre a 130 insegnanti e dirigenti scolastici, mentre 45 scuole sono state distrutte dagli attacchi aerei. Attualmente 70 istituti governativi e 145 dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati vengono invece utilizzati come luogo di riparo dagli abitanti.
Intanto l’esecutivo di Tel Aviv si preoccupa ancora dell’informazione. Nell’impossibilità di eliminare tutti i giornalisti che forniscono un racconto del massacro contrario ai voleri occidentali, il governo israeliano ha approvato un ordine del ministro delle comunicazioni, Shlomo Karhi, per bloccare le emittenti considerate una minaccia per la sicurezza nazionale. Il provvedimento consentirà di chiudere gli uffici delle emittenti e confiscare le apparecchiature di trasmissione, nonché oscurare le pagine web. La prima vittima illustre sarà la TV Al-Mayadeen, affiliata a Hezbollah.