di Jeff Hoffman
Julian Assange ha il diritto di continuare la sua battaglia legale se Washington non fornisce le rassicurazioni richieste dai giudici inglesi.
L’Alta Corte di Londra ha dato al governo americano tre settimane di tempo per assicurare che ad Assange sia garantito il diritto di appellarsi al primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, che goda di tutte le garanzie di un cittadino statunitense e che venga esclusa la possibilità di una pena di morte.
Il previsto diritto all’appello contro l’estradizione è dunque condizionato, così come l’applicazione dello stato di diritto, dagli umori della Casa Bianca.
Dopo più di un mese di alte riflessioni giuridiche, quindi, la Corte d’Inghilterra ha dato inizio al terzo atto della tragedia di cui Assange è il protagonista in eterna attesa di giudizio. Tragedia iniziata nel 2012 con le accuse di stupro mosse dalla Svezia e rivelatisi poi false e attentamente costruite.
Al di là delle recite kafkiane della Corte d’Inghilterra, tuttavia, è emerso dal Wall Street Journal che la Casa Bianca avrebbe offerto a Julian Assange una sorta di patteggiamento con l’ammissione di reati minori rispetto all’accusa di spionaggio che pende sulla testa di Julian Assange e di quel che resta del giornalismo.
La moglie del giornalista, Stella Assange, si è detta inorridita dalla decisione dei giudici. Ciò che i tribunali hanno fatto è stato invitare la Casa Bianca a dire che va tutto bene, ha commentato con altre parole la moglie di Assange.
“Biden non deve dare delle garanzie, deve rinunciare al caso” ha poi aggiunto Stella Assange rispondendo ai giornalisti.
E la lotta di Assange continua.