di Jeff Hoffman
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato ieri, mercoledì 10 aprile, che sta valutando la possibilità di abbandonare il procedimento legale contro il giornalista australiano co-fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, detenuto a Londra nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh.
A Biden è stata chiesta una risposta sulla richiesta australiana di porre fine alla “persecuzione” nei confronti del giornalista. “Ci stiamo pensando”, ha risposto l’inquilino della Casa Bianca.
L’avvocato di Julian Assange, Barry Pollack, si è detto incoraggiato dalla risposta del presidente degli Stati Uniti, sottolineando poi che questo procedimento giudiziario senza precedenti contro qualcuno che ha pubblicato informazioni veritiere e degne di nota non sarebbe mai dovuto iniziare. “È ora di porre fine alla questione e permettere al signor Assange di tornare in Australia”, ha poi aggiunto Pollack.
Come noto, Assange è stato perseguito con accuse rivelatesi false ed è attualmente accusato di crimini ascritti dall’Espionage Act, legge statunitense del 1917 per la quale il giornalista rischia fino a 175 anni di carcere.
Il 26 marzo scorso l’Alta Corte di Londra ha concesso ad Assange la possibilità di un ulteriore appello contro l’estradizione negli Stati Uniti, fissando la nuova udienza per il 20 maggio.
Se il destino di Julian Assange è legato ai molto precari fili elettorali della Casa Bianca, tuttavia, l’inverno nucleare dell’informazione occidentale è già un innegabile dato di fatto.