di Gionata Chatillard
Sono sempre più intensi i rapporti diplomatici e militari fra Washington e i suoi alleati dell’Indo-Pacifico. I ministri della Difesa di Stati Uniti, Australia, Giappone e Filippine si sono recentemente riuniti alle Hawaii per celebrare quella che, secondo l’anfitrione Lloyd Austin, è una visione comune su quello che dovrebbe essere il futuro della regione. Un quadrante sempre più militarizzato, con la questione di Taiwan come prima candidata per il possibile innesco di un conflitto su larga scala.
Il convitato di pietra dell’incontro era effettivamente la Cina, che nessuno dei presenti ha però voluto menzionare direttamente. I ministri si sono limitati invece a esprimere la loro “preoccupazione” per la situazione nel Pacifico occidentale e la loro ferrea volontà di non cambiare lo status quo della regione. Una frecciata rivolta proprio a Pechino e alle sue ambizioni territoriali in acque contese, a cui Washington e i suoi alleati intendono mettere fine modernizzando le proprie Forze Armate, accrescendo l’interoperabilità fra gli eserciti dei 4 paesi e aumentando il ritmo delle esercitazioni militari congiunte, la prima delle quali si è svolta proprio poche settimane fa.
L’occasione per l’incontro quadrilaterale delle Hawaii –uno degli embrioni di quella che potrebbe essere una vera e propria NATO orientale- è stato il passaggio di consegne al vertice del comando statunitense dell’Indo-Pacifico, con l’ammiraglio Samuel Paparo che ha preso il posto del suo parigrado John Aquilino, che andrà in pensione dopo 40 anni di servizio nella Marina. L’avvicendamento non comporterà probabilmente grandi novità nella strategia del Pentagono. Se Aquilino se n’è andato accusando la Cina di essere sempre più “aggressiva” e “pericolosa”, Paparo si è insediato definendo la Repubblica Popolare come uno stato “espansionista” e “revanscista”. Il buongiorno, dicono, si vede dal mattino.







