di Jeff Hoffman
Parigi ha proclamato lo stato di emergenza in Nuova Caledonia.
Le modifiche apportate dai legislatori francesi alla legge elettorale della Nuova Caledonia, isola incastonata nell’oceano Pacifico fra l’Australia e le isole Fiji, ha innescato forti proteste in seno alla popolazione indigena che, questa mattina, ha visto atterrare nella capitale i primi 500 soldati francesi che, ha spiegato Macron, proteggeranno i siti strategici dagli attacchi dei separatisti armati. Quasi 2000 gli agenti delle forze dell’ordine schierate nella capitale Nouméa.
La Francia si è inoltre affrettata a accusare ufficialmente l’Azerbaigian di “interferenza” nella politica del territorio del Pacifico in quanto, si legge sulla stampa internazionale, Baku ha riconosciuto il diritto all’autodeterminazione espresso dalla popolazione indigena che, per altro, protesta da oltre un secolo.
“Alcuni separatisti hanno concluso un accordo con l’Azerbaigian”, ha affermato il ministro degli Interni francese, Gérald Darmanin, durante un’intervista alla radio France 2.
E’ colpa della Russia, si legge invece sull’immancabile pubblicazione di Politico, che come di prassi cita un ufficiale anonimo delle forze armate francesi secondo cui “ l’attività russa e azera in Nuova Caledonia va avanti da settimane, addirittura da mesi”.
L’Alto Commissario francese, Louis Le Franc, ha nel frattempo denunciato il rischio di una guerra civile. La realtà, tuttavia, differisce dalla narrazione occidentale che, come da manuale, tende a negare i soprusi e le violenze operate sui nativi che hanno subito uno dei processi di colonizzazione e soggiogamento politico fra i più lunghi della storia.
La riforma elettorale imposta da Parigi concede infatti il diritto di voto ai cittadini francesi residenti sull’isola da dieci anni, applicando così una democrazia artefatta che, diciamolo, cancella la volontà della popolazione indigena nascondendo il vero volto dei regimi colonizzatori.
C’era una volta l’autodeterminazione dei popoli.