di Margherita Furlan e Fabio Belli
Stanotte alle ore 2.30 ora locale, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno attaccato lo Yemen, senza alcun mandato nè internazionale nè nazionale. L’ordine è partito direttamente da Joe Biden, che aveva iniziato il mandato dichiarando l’intenzione di terminare la guerra in Yemen, ha affermato: “Sotto la mia direzione, insieme al Regno Unito e con il sostegno di Australia, Bahrein, Canada e Paesi Bassi, abbiamo condotto con successo attacchi contro una serie di obiettivi nello Yemen utilizzati dagli Houthi che avevano messo in pericolo la libertà di navigazione”. “Non esiterò a prendere ulteriori misure per proteggere il nostro popolo e il libero flusso del commercio internazionale, se necessario”. Sulla stessa linea le dichiarazioni del premier britannico Rishi Sunak che ha parlato di autodifesa.
Cinque persone hanno perso la vita e altre sei sono rimaste ferite. L’Aviazione USA, nel precisare che l’offensiva non aveva nulla a che fare con l’Operazione Prosperity Guardian, ha dichiarato di aver effettuato più di 60 attacchi contro 16 obiettivi, tra cui una base aerea della capitale Sana’a, l’aeroporto di Hodeidah, due campi militari a Saada e Taiz e l’aeroporto di Habban.
Per gli Houthi “Stati Uniti e Gran Bretagna si sbagliano di grosso se pensano che in questo modo impediranno allo Yemen di sostenere pienamente la Palestina e Gaza. L’aggressività di oggi non farà altro che aumentare la nostra tenacia e la nostra forza”, considerato anche che il movimento in sé non rappresenta una minaccia per la navigazione internazionale nel Mar Rosso e nel Golfo Persico se non per le navi israeliane e quelle dirette in Israele.
Tutti i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, tranne l’Oman, hanno concesso l’utilizzo dei propri spazi aerei. Il Giappone e la Danimarca si sono oggi uniti ai Paesi che giustificano gli attacchi come legittima difesa per spiegare l’aggressione: Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Bahrein, Canada, Paesi Bassi, Danimarca, Germania, Nuova Zelanda e Corea hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui sottolineano che l’azione è stata intrapresa in difesa del commercio internazionale e di quello in transito nel Mar Rosso. attraverso il quale circola quasi il 15% del commercio marittimo mondiale. L’Arabia Saudita ha invece dichiarato di stare seguendo gli attacchi aerei statunitensi e britannici sul vicino Yemen con «grande preoccupazione», invitando «all’autocontrollo» e ad «evitare un’escalation». L’Iran, ha «fermamente condannato gli attacchi il cui unico risultato sarà creare instabilità nella regione», ha precisato il ministero degli Esteri di Teheran. Collegando i raid al sostegno degli Stati Uniti a Israele, l’Iran ha chiesto alla comunità internazionale di «impedire che la guerra si allarghi». Hezbollah, condannando l’attacco, lo ha definito una chiara invasione da parte di Washington e Londra contro Sana’a, la sua sicurezza e la sua sovranità: “L‘aggressione americana conferma ancora una volta che gli Stati Uniti sono un partner a pieno titolo nelle tragedie e nei massacri commessi dal nemico sionista a Gaza e nella regione”. Per Hamas invece gli attacchi sono palesi tentativi di diffondere il conflitto che porteranno a conseguenze per Washington e Londra. «Vogliono un bagno di sangue nel Mar Rosso», ha tuonato il leader turco Recep Tayyp Erdogan in un discorso trasmesso dalla tv di Stato dopo avere partecipato alla preghiera del venerdì in una moschea di Istanbul. L’Egitto ha espresso «la sua profonda preoccupazione, chiedendo sforzi concertati a livello internazionale e regionale per allentare la tensione e ridurre l’instabilità nella regione, compresa la sicurezza della navigazione nel Mar Rosso». Il Cairo chiede dunque un immediato «cessate il fuoco globale e la fine della guerra in corso contro i civili palestinesi». Ma la NATO avverte Teheran: «Gli attacchi Houthi devono finire». L’Iran deve usare la sua influenza per controllare gli Houthi dello Yemen, sostenuti, riforniti ed equipaggiati da Teheran. Mentre Washington annuncia sanzioni contro società a Hong Kong e negli Emirati Arabi Uniti, accusate dal dipartimento al Tesoro americano di essere coinvolte nel trasferimento di prodotti iraniani a sostegno della rete degli Houthi.
La Russia, condannando gli attacchi, ha immediatamente chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il Cremlino, in particolare, ha mandato un messaggio ai membri del Consiglio di sicurezza, affermando che l’attacco in Yemen è una «irresponsabile» violazione dei principi della carta della Nazioni Unite.
E’ un rovesciamento perverso delle risoluzioni dell’ONU e il totale disprezzo delle leggi internazionali, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri moscovita, Maria Zakhàrova. Gli americani e gli inglesi hanno mostrato un “totale disprezzo per il diritto internazionale in nome dell’escalation della situazione nella regione per i loro scopi distruttivi”, ha insistito la Zakharova.
Intanto, una folla oceanica in Yemen è scesa in piazza a Saada, la città santa dove è nata la Resistenza islamica yemenita, per protestare contro l’attacco di questa notte da parte delle forze armate anglo statunitensi e per sostenere il governo degli Houthi. Ma le reazioni di protesta sono avvenute anche in Libano, Giordania e persino negli Stati Uniti, dove un gruppo di manifestanti a Times Square a New York e davanti alla Casa Bianca a Washington si è riunito cantando “Lasciate vivere lo Yemen” e “Giù le mani dallo Yemen”, sostenendo altresì solidarietà al popolo palestinese.
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