di Elisa Angelone
Dopo il suo recente viaggio a Pechino, il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock non ha cambiato il suo atteggiamento nei confronti della Cina. Anzi, se possibile, pare aver rinsaldato la propria diffidenza e ostilità nei confronti del Dragone, ribadendo la posizione atlantista di Berlino.
E’ così che la Baerbock, in Cina, si è ritrovata ad istruire la controparte cinese sui diritti umani facendo direttamente riferimento alla situazione degli uiguri, sulla ferma opposizione occidentale a qualsiasi cambiamento dello status quo a Taiwan e, non da ultimo, sulla responsabilità cinese di fermare la “guerra della Russia”. Un discorso, questo, che non ha certo reso più simpatica il ministro verde agli occhi delle autorità cinesi, al punto che persino il ministro degli Esteri cinese Qin Gang ha messo in chiaro che Pechino “non ha bisogno di un insegnante occidentale”. L’atteggiamento privo di sensibilità diplomatica della Baerbock è stato criticato sui media cinesi e persino deriso sul South China Morning Post in un articolo dal titolo eloquente: “La prima guerrafondaia tedesca vuole che la Cina metta fine alla guerra che l’Occidente stesso sponsorizza”.
In un intervento tenuto ieri, 19 aprile, al Bundestag, Annalena Baerbock ha descritto la sua esperienza in Cina come “in parte più che scioccante”. Il ministro verde ha definito la politica estera di Pechino come “offensiva” e “aggressiva”, mentre denuncia invece una politica “repressiva” all’interno del Paese. Ciò, per la Baerbock, farebbe della Cina sì, un partner per la Germania, ma allo stesso tempo anche un “concorrente” e un “rivale sistemico”. L’aspetto della rivalità, tuttavia, sarebbe diventato preponderante, a detta della Baerbock. Motivo per cui, secondo la leader verde, la cooperazione tra Berlino e Pechino deve continuare ma “senza andare oltre”. Non si tratta di disaccoppiamento, bensì di “ridurre i rischi di dipendenza”, avrebbe detto la Baerbock con buona pace delle imprese tedesche che non possono permettersi di perdere anche il legame con la Cina.
Volendo riprendere un commento della stampa cinese, forse la leader verde avrebbe potuto ridurre la sua impronta di carbonio risparmiandosi il viaggio a Pechino – un viaggio dall’esito pressoché scontato.