di Gionata Chatillard
Cartelloni, striscioni e bandiere gigantesche hanno riempito in questi giorni le strade di Belgrado per dare un “caloroso benvenuto” a Xi Jinping. Il presidente cinese, in arrivo dalla Francia, ha iniziato ieri una visita di due giorni accompagnato da una delegazione di circa 400 persone. In programma c’è la firma di una trentina di accordi con la Serbia, che da nessun altro paese sta ricevendo tanti investimenti come dalla Cina, diventata ormai il secondo partner commerciale di Belgrado alle spalle dell’Unione Europea.
La visita si svolge in condizioni di massima sicurezza, con 3.400 agenti di polizia schierati nelle strade della capitale. Anche perché la data del ricevimento non è affatto casuale, svolgendosi in concomitanza con il 25° anniversario dell’attacco aereo statunitense che nel 1999 colpì l’ambasciata cinese a Belgrado uccidendo 3 persone e ferendone altre 20, nella cornice di una guerra che fu scatenata senza alcuna autorizzazione da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
Secondo Washington, quell’episodio sarebbe stato un semplice e tragico errore causato dall’utilizzo di “mappe obsolete”. Tuttavia, quanto successe a Belgrado scatenò all’epoca un’ondata di proteste in tutta la Cina, con i manifestanti che assediarono l’ambasciata statunitense per giorni interi. Pechino decise però di non legarsi al dito il torto subito. Un po’ perché la Cina di allora non era ancora la potenza che è oggi. E un po’ perché nel 1999 Pechino stava negoziando con Washington la liberalizzazione del commercio fra i 2 paesi, che diventò realtà un anno dopo spianando la strada all’ingresso della Repubblica Popolare nell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
Proprio quei fatti permisero alla Cina di diventare un colosso economico e una potenza militare che oggi non solo è in grado di dare del tu agli Stati Uniti, ma si mostra anche disposta a tornare su quanto accaduto 25 anni fa ricordando alla NATO il suo debito storico con Pechino. “Non dimenticheremo mai e non permetteremo che una storia così tragica si ripeta”, ha commentato Xi alla stampa serba parlando del suo paese, ma forse anche in riferimento a tutti gli interventi armati realizzati unilateralmente dagli Stati Uniti e dai suoi alleati. Proprio per questo, il presidente cinese ha detto di sostenere la “sovranità” e l’“integrità territoriale” della Serbia in opposizione a “qualsiasi tentativo da parte di qualsiasi forza di interferire nei suoi affari interni”.
Sullo sfondo, oltre alla questione del Kosovo, c’è naturalmente anche quella speculare di Taiwan. Secondo Xi, l’asse fra Pechino e Belgrado sarà in questo senso uno dei perni fondamentali sulla strada verso “un mondo multipolare, equo e ordinato”, basato su “una globalizzazione universalmente vantaggiosa e inclusiva”. Il che è motivo di “orgoglio” per il presidente serbo Aleksandar Vučić, che ha definito la relazione fra Belgrado e Pechino come un’ “amicizia d’acciaio”.