di Gionata Chatillard
Come di consuetudine, anche quest’anno Bruxelles ha consegnato le pagelle ai 27 membri dell’Unione. In cima agli alunni più discoli c’è la solita Ungheria, alla quale però inizia ad avvicinarsi la Slovacchia. Più distante, ma comunque nel gruppo dei rimandati, c’è anche l’Italia. Il rapporto sullo stato di diritto appena pubblicato dalla Commissione Europea contiene infatti ben 47 pagine dedicate al nostro paese, al quale si raccomanda di migliorare in diversi ambiti seguendo le raccomandazioni emanate dalla stessa Bruxelles.
Secondo il documento, uno dei problemi principali che affligge l’Italia sarebbe la mancanza di una vera e propria libertà di stampa. I burocrati dell’Esecutivo comunitario non si riferiscono ovviamente alla censura operata dai colossi statunitensi dei social network, e neanche alle liste di proscrizione in cui diversi giornalisti sono finiti recentemente per aver espresso posizioni politiche o anche solo fatti oggettivi. Il problema, per Bruxelles, sarebbe invece che Roma non avrebbe fatto “nessun progresso” nell’introdurre salvaguardie per la “protezione del segreto professionale” di chi lavora in questo settore. In questo senso, il rapporto denuncia che nei primi 6 mesi dell’anno si sarebbero registrati ben 75 casi di minacce o di aggressioni contro giornalisti.
Tuttavia, a preoccupare la Commissione sono anche gli “attacchi verbali” che sarebbero stati rivolti alle organizzazioni impegnate in attività umanitarie. Oltre a ciò, Bruxelles mette nel mirino anche il conflitto di interessi, i finanziamenti ai partiti e il drastico aumento del ricorso ai decreti legge come strumento di Governo. Alle autorità italiane viene inoltre chiesto di impegnarsi nella digitalizzazione dei tribunali penali e nella creazione di un’istituzione nazionale che si preoccupi di salvaguardare i diritti umani in linea con i principi delle Nazioni Unite.
Dulcis in fundo, il rapporto della Commissione boccia senza mezzi termini anche la riforma del premierato voluta da Giorgia Meloni, sostenendo che tale mossa -aperte virgolette- “non renderebbe più possibile per il Presidente della Repubblica trovare una maggioranza alternativa o nominare una persona esterna al Parlamento come primo ministro”. A preoccupare Bruxelles è quindi l’indebolimento di quel vincolo esterno che negli ultimi anni si è ripetutamente servito della figura del capo di Stato per bypassare le urne e imporre uno dei soliti Governi tecnici tanto graditi all’Unione Europea e ai potentati globalisti che la sostengono. Per maggiori informazioni, chiedere a Ciampi, Dini, Monti o Draghi.