di Fabio Belli
Mentre i carri armati israeliani raggiungono il centro di Rafah, il Sottosegretario generale per gli Affari umanitari, Martin Griffiths, ha criticato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per le affermazioni non convincenti secondo le quali il recente attacco aereo a Rafah sarebbe stato un “errore”. “La carneficina è stata forse l’abominio più crudele”, ha detto Griffiths.
Nel frattempo, l’ex capo del Mossad israeliano, Yossi Cohen, avrebbe minacciato l’ex procuratore capo della Corte penale internazionale, Fatou Bensouda, intimandolo di abbandonare le indagini su “Israele” per crimini di guerra in Palestina.
A riferirlo è il quotidiano britannico The Guardian, secondo cui Cohen avrebbe svolto le funzioni di “messaggero non ufficiale” di Netanyahu. Sempre secondo il quotidiano, il fatto sarebbe dimostrato da quattro fonti diverse e le parole di Cohen all’ex procuratore della Corte sarebbero state: “Dovresti aiutarci e lasciare che ci prendiamo cura di te. Non vorrai immischiarti in cose che potrebbero compromettere la tua sicurezza o quella della tua famiglia?”.
Intanto, mentre Spagna, Irlanda e Norvegia riconoscono ufficialmente lo Stato palestinese e i ministri degli Esteri dell’Unione europea sembrano impegnarsi per la prima volta in una discussione “significativa” sulle sanzioni contro Israele per l’attacco a Gaza, il Consiglio Europeo proroga le sanzioni contro la Siria fino al 1° giugno 2025 motivandole con una presunta “gravità del deterioramento della situazione” nel paese. Le misure restrittive attualmente in vigore contro lo stato Siriano colpiscono complessivamente 316 persone e 86 entità.
La miglior risposta dell’Occidente sembra essere sempre il solito doppio standard.