di Margherita Furlan e Fabio Belli
“Siamo scivolati, al livello di un confronto diretto. La NATO continua il suo movimento e l’espansione delle sue infrastrutture militari verso i nostri confini”.
Queste le parole del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, secondo il quale la NATO rimane uno strumento americano di confronto sul continente europeo.
“L’Alleanza continua a svolgere le sue funzioni, che ora non contribuiscono in alcun modo alla sicurezza, alla prevedibilità e alla stabilità del continente ma, al contrario, costituiscono un fattore destabilizzante”, ha affermato Peskov.
«Sarebbe stato meglio se la NATO non fosse mai nata». Lo scrive su X, l’account dell’ambasciata russa a Roma. Al messaggio è allegato un video che si apre con la frase «La NATO promuove pace e stabilità nel mondo» e poi, una dopo l’altra, mostra foto di scenari di guerra, nel 1999 in Jugoslavia, nel 2001 in Afghanistan, nel 2003 in Iraq e nel 2011 in Libia. Quindi la frase: «La NATO non sta cercando il conflitto con la Russia». E subito dopo la scritta «La NATO mantiene le sue promesse» e dopo, tre cartine in cui si vede la mappa dei Paesi aderenti alla Nato nel 1991, nel 2019 e nel 2024, sempre più vicini ai confini russi.
Oggi i paesi della NATO hanno deciso di istituire una missione in Ucraina, come confermato dal ministro degli Esteri polacco. Questa decisione non implica un coinvolgimento diretto nel conflitto, ma mira a utilizzare le capacità di coordinamento, formazione e pianificazione della NATO per sostenere l’Ucraina in modo più coordinato. La maggior parte dell’addestramento dei militanti ucraini avverrà in Polonia.
Nel frattempo, mentre l’FSB arresta tre presunti complici dell’attacco terroristico al municipio Crocus di Mosca, Emmanuel Macron, alza la tensione affermando che durante il colloquio telefonico tra i ministri della Difesa russo, Sergei Shoigu e il suo omologo francese Sebastien Lecornu, i commenti da parte di Mosca sarebbero stati minacciosi. Durante il colloquio Shoigu avrebbe messo in guardia le truppe francesi sull’invio di truppe in Ucraina e, in merito all’attacco terroristico al Crocus, avrebbe ribadito che dall’indagine sarebbero emerse tracce ucraine. In alto mare invece sembrano essere finiti i negoziati sul conflitto russo-ucraino, mentre gli Stati Uniti sembrano aver timore della reazione iraniana ai recenti attacchi israeliani. Tanto che il portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, Matthew Miller, ha riferito di aver inviato un messaggio all’Iran esortando a non prendere di mira le basi e le forze americane. Intervenendo in una conferenza stampa, Miller ha osservato che il messaggio rassicura che Washington non è coinvolto negli attacchi aerei di lunedì contro la dependance consolare dell’ambasciata iraniana a Damasco. Alla domanda dei giornalisti se i messaggi vengano trasmessi tramite un intermediario, il portavoce ha risposto: “Abbiamo la capacità d’inviare messaggi molto chiari all’Iran sia direttamente che indirettamente, e lo facciamo quando è nel nostro interesse”, ha concluso Miller.
Da Teheran, la Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, ha sottolineato che Israele sarà «schiaffeggiato» in risposta all’attacco al consolato iraniano a Damasco, in cui sono rimasti uccisi sette uomini dei Pasdaran, due dei quali generali. «La sconfitta del regime sionista a Gaza continuerà e questo regime sarà vicino al declino e alla dissoluzione».
E nel mezzo della crisi, i produttori di petrolio hanno deciso di non aumentare la produzione, il che potrebbe provocare un aumento fino ai 100 dollari al barile e oltre, riferisce Bloomberg.
I prezzi hanno già raggiunto il livello più alto degli ultimi sei mesi e i membri dell’OPEC+ non danno alcun accenno a un futuro allentamento delle restrizioni. Nell’ultimo anno i produttori hanno tagliato gli obiettivi di produzione complessivi di circa 3,8 milioni di barili al giorno.
I tagli si intensificheranno durante questo trimestre man mano che la Russia passerà dalle restrizioni all’esportazione all’inasprimento dei limiti di produzione.
Così, alla luce delle gravi tensioni globali l’oro ha superato per la prima volta nella storia i 2.300 dollari l’oncia.