di Gionata Chatillard
Sembrano ormai lontani i tempi dell’alleanza tripartita fra Etiopia, Eritrea e Somalia. Dopo gli scossoni politici che nel 2018 travolsero il Corno d’Africa, i principali paesi della regione sembravano aver segnato l’inizio di un periodo di conciliazione. Addis Abeba e Asmara avevano finalmente sotterrato l’ascia di guerra e al primo ministro etiope Abiy Ahmed fu addirittura conferito il Premio Nobel per la pace. La stabilità, però, durò poco. Il riemergere di conflitti -come quello del Tigray- portò a nuovi massacri su larga scala, e lo stesso premier etiope venne presto accusato di genocidio.
In questo rinnovato contesto di lotte territoriali che hanno portato allo sfollamento di milioni di persone, l’ultimo elemento di destabilizzazione a fare capolino sul Corno d’Africa è stato l’accordo raggiunto da Addis Abeba con il Somaliland per ottenere uno sbocco sull’Oceano Indiano attraverso la concessione del porto di Berbera. Un’intesa che è stata subito respinta dalla Somalia, che considera quel tratto di costa come parte del suo territorio nazionale. Ma oltre all’eventuale riconoscimento ufficiale del Somaliland da parte dell’Etiopia, a preoccupare Mogadiscio c’è soprattutto la possibilità che Addis Abeba possa arrivare a costruire una vera e propria base militare nel porto di cui ha appena ottenuto la concessione per i prossimi 20 anni.
E così, per contenere l’espansionismo dell’Etiopia, che nel 1991 ha perso ogni accesso diretto al mare, la Somalia sta lanciando una controffensiva diplomatica il cui obiettivo è assicurarsi il supporto di Eritrea ed Egitto. Dopo aver richiamato il suo ambasciatore ad Addis Abeba, il presidente Hassan Sheikh Mohamud ha ricevuto a Mogadiscio una delegazione di alto livello proveniente dal Cairo. Delegazione che, secondo un comunicato ufficiale, avrebbe confermato il suo “incrollabile” sostegno all’unità territoriale della Somalia. Subito dopo l’incontro, lo stesso capo di Stato è volato direttamente ad Asmara per incassare anche l’appoggio dell’Eritrea, paese con cui Mogadiscio coltiva già da mesi una profonda collaborazione militare.
Spetterà adesso all’Etiopia valutare se tirare dritto o fare un passo indietro, tenendo conto che l’accordo con il Somaliland sembra aver completamente isolato Addis Abeba sullo scacchiere regionale. Anche un paese amico come Gibuti ha infatti storto il naso ed espresso preoccupazione. Per non parlare del Sudan, che con l’Etiopia ha vari conti in sospeso. Raccogliere questi rancori per poi usarli come strumento di pressione è esattamente ciò che sta facendo la Somalia per impedire al Governo etiope di occupare una parte del Somaliland. Tuttavia, come in ogni destabilizzazione che si rispetti, ad approfittare – o ancor più a guidare la situazione – saranno probabilmente anche le potenze straniere che nel quadrante del Mar Rosso stanno già combattendo una guerra non dichiarata -e per interposta persona- che vede l’Iran come principale nemico dell’Occidente.
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