Corvi: adesso basta!
di Giorgio Bongiovanni – 28 maggio
Un pregiudicato. E’ questo il profilo dell’avvocato siciliano di Augusta, Piero Amara, che aveva patteggiato una condanna (divenuta definitiva quando la Cassazione ha dichiarato inammissibile il proprio ricorso nel 2020) davanti al Gup di Messina ad un anno e due mesi per l’inchiesta sul Sistema Siracusa. Condannato per corruzione in atti giudiziari, finito al centro di una fitta rete di depistaggi, ricatti e tangenti, ed ora protagonista del caso dei verbali, privi di firma, con le sue dichiarazioni rilasciate alla Procura di Milano. Verbali finiti in dossier inviati al consigliere togato del Csm Nino Di Matteo (il quale ha subito denunciato il fatto alla Procura di Perugia e successivamente anche durante il Plenum del Csm) e ad alcuni giornali in cui si parla in maniera assolutamente diffamatoria e calunniosa anche di importanti magistrati come il magistrato, membro del Csm, Sebastiano Ardita.
Ebbene ieri sera questo pregiudicato, per la prima volta in tv, è stato intervistato da Corrado Formigli a Piazzapulita, su La7. Accanto al conduttore altri seri giornalisti come Paolo Mieli, Antonio Massari ed Emiliano Fittipaldi che legittimamente hanno fatto domande sul suo dichiarato rispetto all’esistenza di una presunta loggia chiamata Ungheria.
Dichiarazioni che stanno portando un nuovo sconquasso, dopo il caso Palamara, all’interno della magistratura e del Consiglio Superiore della Magistratura.
Ebbene, nel momento in cui le dichiarazioni di questo soggetto, che solo di recente ha intrapreso una presunta collaborazione con la giustizia, sono al vaglio degli inquirenti (al momento, fino a prova contraria, solo su alcuni fatti viene ritenuto attendibile da alcune Procure, ndr), che senso ha dare voce ad un delinquente conclamato e depistatore, presto sicuramente indagato per calunnia aggravata?
In una rete nazionale, rispondendo alle domande dei giornalisti che lo hanno incalzato mettendolo di fronte alle sue incongruenze e contraddizioni, Amara è tornato a gettare fango, ad inquinare i pozzi, generando nuova confusione in quell’opinione pubblica che conosce i fatti solo in maniera frammentata.
E’ certo che nel corso della storia ci sono stati scandali di corruzione, collusioni, favori, scambi di interessi con altri settori del potere politico ed economico, ed affini.
Ma nel marasma generale bisogna saper discernere, guardando ai fatti ed alla storia, senza cadere in trappole e tranelli, volti a delegittimare e screditare quella parte positiva della magistratura, ultimo baluardo a difesa dei valori della nostra Costituzione e che si trova in prima linea contro il Sistema criminale. Esempi integerrimi come Nino Di Matteo, Sebastiano Ardita ed altri.
Ciò avviene in un momento delicato dove anche la ricerca della verità su stragi del 1992 e del 1993 e mandanti esterni è osteggiata e messa in pericolo da nuovi depistaggi.
Sono figure losche quelle che si aggirano sulla scena. Con iene e corvi pericolosi da cui guardarsi.
E’ avvenuto nell’ultimo mese con Maurizio Avola, ex killer di mafia, che tanto in un libro (“Nient’altro che la verità”, edito da Marsilio) quanto davanti ai magistrati si è autoaccusato di fatti specifici sulla strage di via d’Amelio, accusandosi di una strage mai fatta con particolari del tutto falsi.
A dargli credito è stato un giornalista illustre come Michele Santoro, caduto per colpa del proprio medesimo ego nella trappola. Un modo di fare che, come aveva già scritto il nostro editorialista Saverio Lodato“non aiuta quelli che hanno sempre creduto, e credono, che di strada per accertare la verità ce ne sia ancora tanta da percorrere”.
Ma ora è evidente, con la Procura nissena che ha compiuto i primi accertamenti, che i riscontri su Avola siano del tutto assenti. Ed è logico ritenere che Avola stesso sia indagato per il gravissimo reato di calunnia ed auto calunnia.
Oggi ci troviamo di fronte ad un nuovo corvo con Amara, almeno per quel che concerne alcuni aspetti. Andranno verificate le sue parole sulla loggia Ungheria (a suo dire “molto peggio che non un’associazione segreta” ovvero “un’associazione a delinquere finalizzata all’abuso d’ufficio” che “fino al mio arresto il gruppo di potere che si riconosceva in parte di questa associazione esisteva ancora”). Ma non è accettabile il mascariamento che anche ieri è stato fatto, prefigurando un reato come quello di calunnia aggravata, nei confronti di un magistrato come il consigliere togato Sebastiano Ardita.
Nel momento in cui si insiste nell’affermare che lo stesso sarebbe stato parte della loggia Ungheria e in buoni rapporti con l’ex capo del Dap Gianni Tinebra dopo che gli stessi interruppero ogni rapporto quando proprio Ardita svelò l’esistenza del cosiddetto “protocollo farfalla”, quell’accordo tra 007 e Dap per la gestione delle notizie fornite dai mafiosi in carcere in cambio di un compenso, siglato nel maggio 2004 tra Mario Mori (all’epoca direttore del Sisde) e, appunto, Tinebra.
Dunque Amara, a mio giudizio, è nella migliore delle ipotesi un ciarlatano, nella peggiore uno dei nuovi corvi di questo tempo che continua a girare liberamente nelle strade per infangare, calunniare ed isolare quei veri servitori dello Stato che fanno paura ai Sistemi criminali.
Per conto di chi lavora Amara? Sarebbe interessante sapere quali poteri e menti raffinatissime lo hanno suggerito, e lo suggeriscono.
E’ il paradigma che si ripete nel corso della storia. Adesso, però, basta. Di corvi e iene ne abbiamo abbastanza. E figure come Amara, anziché andare liberamente in tv, dovrebbero trovarsi in ben altri luoghi, agli arresti, per scontare pene e condanne. In carcere. Perché è quello l’unico posto in cui possono stare pericolosi soggetti che inquinano e che mettono in pericolo il nostro Paese già colpito da mafiosi, corrotti, corruttori e corruttibili.
da Antimafia2000
Foto originale di copertina © Imagoeconomica
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