di Gionata Chatillard
I nodi stanno venendo al pettine. Dopo 2 anni di politiche suicide, i tedeschi stanno iniziando a pagare un prezzo sempre più chiaro a causa delle scelte prese dai loro governanti, più che mai proni di fronte ai diktat guerrafondai di matrice anglo-americana. La Germania sta vivendo in questo senso un vero e proprio shock economico, una situazione inedita dal dopoguerra a questa parte. Quelli che fino all’altro ieri erano i ricchi d’Europa sono costretti oggi a indebitarsi sempre di più per poter arrivare a fine mese. Cresce il numero dei lavoratori che non sanno più come affrontare le difficoltà finanziarie, mentre le grandi aziende tedesche fanno le valigie per rivolgersi a mercati più redditizi.
Se i sussidi del Governo e i risparmi privati hanno tenuto a lungo a bada la situazione, i segnali di cedimento sono ormai evidenti anche per la classe media, con il sostegno statale che arretra e il costo della vita che aumenta sulla scia dell’incremento dei prezzi dell’energia e della spesa bellica. Oltre 5 milioni e mezzo di tedeschi erano stati classificati come “sovraindebitati” già nel 2023, mentre le ultime statistiche indicano che i fallimenti sono aumentati del 12% rispetto a un anno fa.
Eppure, dicono le televisioni, la colpa non è del Governo, ma casomai della “pandemia” e di Vladimir Putin. Una narrazione a cui sempre meno tedeschi sembrano credere, come dimostra il terremoto politico delle ultime elezioni europee, che hanno fatto registrare un record di affluenza proprio in Germania, dove i cittadini hanno deciso di premiare i cosiddetti partiti anti-sistema.
Un copione che è andato in scena anche in Francia, dove le cose non vanno molto meglio. Al punto che dopo le elezioni europee, la borsa è crollata, come d’incanto. Il tutto mentre tornano di moda i parallelismi tra la situazione attuale e il periodo della crisi del debito. Anche perché i titoli di Stato francesi hanno recentemente toccato livelli allarmanti, tornando ai massimi del 2017, quando qualcuno iniziava addirittura a parlare di uscita dall’Unione Europea. Nel dubbio, Macron ha deciso di sciogliere il Parlamento – qualcuno dice per lasciare la patata bollente in mano ad altri. Come sintetizza un titolo della stampa spagnola, il presidente francese sta portando il suo paese “verso l’ignoto”.
Cosa rimarrà quindi del tanto decantato tandem franco-tedesco? Che ne sarà della grande locomotiva europea? La domanda, oggi più che mai pertinente, sarebbe stata sbalorditiva solo fino a pochi mesi fa, quando Francia e Germania sembravano guidare con forza e autorità i destini politici ed economici del Vecchio Continente. Adesso, tutto ciò appare poco più di un’illusione, un castello di carte crollato da un giorno all’altro a causa di vincoli esterni mai del tutto esplicitati ai cittadini. La crisi è arrivata anche dove pareva impossibile potesse arrivare, e la tentazione di puntare sulla guerra per uscire dall’impasse è oggi più forte che mai, secondo la massima -ancora tutta da dimostrare- “tanto peggio, tanto meglio”.