di Fabio Belli
Riformare l’esercito “da cima in fondo”, aumentare gli investimenti e il numero di militari, tra cui una riserva nazionale che possa attivarsi in caso di mobilitazione.
È quanto sostiene il ministro della Difesa, Guido Crosetto, rivolto ai senatori e deputati delle Commissioni Esteri e Difesa. Crosetto ha poi sottolineato gravi carenze nel suo dicastero, prendendo come esempio il modello di Israele e della Svizzera, dove il servizio militare è obbligatorio, nonché lo scenario della guerra in Ucraina per fare in modo che il modello italiano di difesa preveda il peggiore degli scenari possibili e venga così potenziato.
Nel dettaglio, il ministro auspica di portare l’Esercito a 160.000 unità, dalle circa 120.000 attuali, implementando 10.000 riservisti pronti al combattimento e ammodernando mezzi e armamenti.
Il tutto però non sarebbe solo la politica dell’attuale governo, ma costituirebbe un solco già tracciato dalla legge n.119/2022, approvata nella precedente legislatura, pochi giorni prima dello scioglimento delle camere.
Per il “ministro della guerra”, inoltre, la soglia fissata in sede NATO al 2% del PIL e destinata alle spese militari dovrebbe essere solamente un punto di partenza e non di arrivo: di conseguenza i tanto impellenti investimenti per le Forze Armate dovrebbero essere tenuti fuori dal Patto di Stabilità.
In sostanza per sanità, istruzione, infrastrutture e dissesto idrogeologico, occorrerà tirare la cinghia, ma per fare le guerre i soldi non dovranno mai mancare!