di Gionata Chatillard
È la 31ª volta che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite condanna l’embargo imposto a Cuba dagli Stati Uniti. Anche in questo caso, a esprimersi contro le sanzioni è stata una maggioranza schiacciante, tanto da rasentare l’unanimità. Gli unici paesi che si sono opposti nella votazione di ieri sono infatti Stati Uniti e Israele, a cui è venuta parzialmente incontro l’Ucraina come unica nazione ad aver optato per l’astensione. Dall’altra parte della barricata, il resto del mondo, ovvero un totale di 187 stati che si sono espressi per porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto unilateralmente da Washington nel 1962, pochi mesi dopo che L’Avana aveva deciso di nazionalizzare le aziende nordamericane che operavano sull’isola.
“Il mondo ha detto ancora una volta ‘no’ all’assedio genocida”, ha commentato Miguel Díaz-Canel dopo la votazione. Pochi giorni prima, lo stesso presidente cubano aveva utilizzato lo stesso termine per riferirsi all’offensiva israeliana su Gaza. Un parallelismo che regge nonostante la distanza geografica fra i due scenari in questione. Sia in un caso che nell’altro, infatti, la Casa Bianca e il suo alleato mediorientale riescono a imporre al resto del mondo le proprie politiche imperialiste pur trovandosi in netta minoranza. Una minoranza che il voto di ieri ha messo allo scoperto anche dal punto di vista grafico, riaffermando il totale isolamento di Washington a causa di quelle che per L’Avana sono “politiche illegali, offensive e moralmente insostenibili”.
Secondo i calcoli delle autorità cubane, le sanzioni hanno causato negli ultimi 60 anni perdite per un totale che sfiora i 160 miliardi di dollari. Una situazione che è diventata ancor più drammatica a causa delle restrizioni pandemiche del 2020, che hanno messo in ginocchio un’economia basata in gran parte sul turismo. A Cuba oggi mancano cibo, medicine e idrocarburi. Rispetto a solo 3 anni fa, il Prodotto Interno Lordo è inferiore dell’8% e la produzione di beni di consumo è scesa del 40%.
Tutto ciò, secondo Washington, è semplicemente il risultato di decenni di Governo comunista. Non quindi delle sanzioni, intese invece dagli Stati Uniti come uno strumento vo lto a ripristinare la democrazia e i diritti umani. E poco importa se, dopo 60 anni di Rivoluzione, la realtà è dura a morire. Come diceva il padrino dei neocon Irving Kristol, gli imperi non devono adeguarsi alla realtà, ma “crearla”. E la stanno creando a tal punto che, per Washington, l’unico bene che è lecito esportare a Cuba è la democrazia. Tutto il resto può aspettare.