di Jeff Hoffman
Mentre il 20 febbraio a Caracas il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov stringeva la mano del presidente venezuelano Nicolas Maduro, una superpetroliera russa proveniente dagli Urali gettava l’ancora nella baia di Amuay, in Venezuela, collegata a una raffineria gestita da una società dello Stato.
Più o meno nelle stesse ore, puntualmente, il segretario di Stato a stelle e strisce, Antony Blinken, volava in America Latina per fare pressioni sul presidente brasiliano Lula e sul neo eletto presidente argentino Miley.
Il viaggio, che comprendeva anche il summit con i ministri del G20 a Rio De Janeiro, è servito a Washington per dare indicazioni al presidente Miley sull’Argentina e discutere con Lula Da Silva “della democrazia in Venezuela”, che equivale a un bilaterale USA Francia sulle scelte politiche di Roma.
“Il presidente Lula è certamente attivo su questo fronte. Ha importanti legami e connessioni con le autorità di Maduro ed è in grado di trasmettere loro messaggi chiave”, avevano infatti dichiarato dal Dipartimento di Stato di Washington.
“L’occidente collettivo sta imponendo le sue famigerate “regole” invece del diritto internazionale. Questa politica si basa sul neo-colonialismo e mira a raggiungere il dominio nella sfera politica, economica e umanitaria con il pretesto di slogan infiocchettati”, ha fatto notare il ministro Lavrov intervenendo al summit dei ministri del G20.
In ogni modo, il Venezuela ha già ricevuto in passato petrolio straniero per diluire il proprio greggio e renderlo esportabile, anche se non è chiaro quale sia il motivo dietro il carico della nave ammiraglia russa Ligera.
Tuttavia, Blinken o non Blinken, la Russia di Vladimir Putin e il Venezuela di Nicolas Maduro hanno evidentemente deciso di sfidare le sanzioni statunitensi.