di Gionata Chatillard
Con l’ultimo pacchetto annunciato dal Dipartimento di Stato, Washington ha ormai raggiunto la soglia dei 40 miliardi di dollari in aiuti militari destinati all’Ucraina dall’inizio del conflitto, ovvero dal 24 febbraio dell’anno scorso. Una cifra che non è comunque stata sufficiente a far indietreggiare le truppe russe, che -al netto di qualche villaggio perso negli ultimi giorni- sembrano mantenere saldamente le proprie posizioni lungo la linea di contatto. Forse anche perché, come ha denunciato recentemente il New York Times, le armi occidentali che arrivano a Kiev non sono proprio di ultima generazione, anzi. Spesso si tratta di materiale obsoleto che necessita di riparazioni. Altre volte, invece, le armi promesse arrivano in ritardo, o non arrivano proprio.
Elementi, questi, che contribuiscono a spiegare come mai la fantomatica controffensiva di Kiev sia partita col freno a mano tirato. Dopo essere riuscito a recuperare qualche piccolo insediamento subendo grandi perdite sia a livello di uomini che di attrezzature belliche, l’Esercito ucraino si è infatti sostanzialmente impantanato. Viene a questo punto difficile credere che gli ultimi 325 milioni di dollari in armi promessi da Washington possano in qualche modo cambiare le carte in tavola. Eppure, la retorica statunitense rimane la stessa di un anno fa, con l’Amministrazione Biden che continua a glorificare il “coraggio” del popolo ucraino, quello stesso popolo che proprio la Casa Bianca ha deciso di mandare al macello per provare a rovesciare il Governo russo. Finora, senza che Washington possa intravedere all’orizzonte alcuna possibilità di successo.