di Domenico D’Amico
Si svolge in questi giorni a Marrakech in Marocco la riunione annuale convocata dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. Il titolo dell’evento è: “Riforme prioritarie per affrontare il debito”.
Nel suo Fiscal Monitor appena pubblicato, il Fondo Monetario Internazionale mette in evidenza come il debito pubblico mondiale sia ormai destinato entro il 2030 a raggiungere quota 100% del PIL mondiale.
Spiega il FMI che per i Paesi grandi e ricchi, che non hanno difficoltà ad avere credito sul mercato dei capitali, “la perpetuazione delle attuali politiche porta su un sentiero insostenibile per il bilancio”. Mentre per i paesi poveri “il governo non ha sufficienti risorse per pagare il debito e non ha accesso al mercato finanziario”.
Va detto che il debito globale, comprendendo anche quello dei cittadini e delle imprese è già ben oltre 3 volte il PIL mondiale, avendo raggiunto la quota di 305 trilioni di dollari. E’ quindi tutto il sistema ad essere fortemente indebitato, non solo le finanze pubbliche.
Indebitato con chi però? Mentre questi grandi istituzioni monetarie, a gran voce, ci dicono chi sono i debitori e quanto è grande il loro debito, quasi mai viene detto chi è il creditore, ovvero il sistema bancario commerciale, e nello specifico le banche occidentali più grandi: che sono anche coloro che incassano ogni anno il servizio su quel debito, consistente in qualche trilione di dollari. Il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, la Banca dei Regolamenti Internazionali rappresentano esattamente questi interessi, anche se agghindano le loro ‘ricette’ con parole istituzionali. Se uno Stato non può pagare, dovrà sottostare ai loro draconiani programmi di intervento. Se un’azienda non può pagare, verrà ceduta la sua proprietà, e la stessa cosa succederà al privato con la propria casa o, a vita, con il proprio salario. Dove porterà questa apparentemente interminabile spirale, se non a una proprietà sempre più concentrata nelle mani di pochissimi? Diceva Thomas Sankarà, da Presidente del Burkina Faso, alla Conferenza Panafricana di Addis Abeba, nell’estate del 1987, poco prima di essere assassinato nel colpo di Stato ordito dal suo ‘amico’ e ministro della Giustizia Blaise Compaoré: “Propongo a tutti i delegati e capi di Stato qui presenti di non rimborsare il debito, perché non c’è di che pagarlo”. Tagliare quindi il nodo gordiano. Forse la soluzione più pragmatica e giusta?