di Elisa Angelone
La battaglia economico-tecnologica tra USA e Cina sta già innescando nuove inevitabili tensioni a livello geopolitico, anche tra gli “alleati”.
Dopo che lo scorso 21 maggio Pechino ha messo al bando i chip della statunitense Micron Technologies che non potranno dunque più essere utilizzati nei progetti di infrastrutture critiche cinesi, a farsi avanti per riempire il vuoto statunitense è la Corea del Sud. I due maggiori produttori mondiali di semiconduttori, i colossi sudcoreani Samsung Electronics e SK Hynix, vedono infatti la messa al bando della concorrente Micron come un’opportunità per espandere la propria quota di mercato in Cina. E’ probabile che la stessa Pechino si rivolga alle due aziende sudcoreane per acquistare i chip di memoria di cui ha bisogno. Una naturale conseguenza della decisione del governo cinese che, tuttavia, in quel di Washington si vorrebbe assolutamente evitare. Sembrerebbe paradossale che uno stretto alleato degli Stati Uniti quale la Corea del Sud approfitti della situazione facendo affari col “nemico” cinese. Eppure questo è proprio ciò che Seul, in un apparente moto di sovranismo, intende fare, pur sapendo di scontentare Washington. Washington che, peraltro, ha già ammonito Seul a non vendere i propri chip a Pechino. Le autorità sudcoreane tuttavia avrebbero dichiarato di voler permettere alle proprie aziende di decidere il da farsi in maniera autonoma. Sarà interessante osservare se le pressioni degli USA saranno tali da determinare la rinuncia dei produttori sudcoreani ad una chiara opportunità di business nel lungo periodo.
Nel frattempo Seul avrebbe chiesto ufficialmente a Washington di allentare le regole che impediscono ai produttori di chip che ricevono sovvenzioni statunitensi di espandere la produzione in Cina oltre determinate soglie, pari al 5% per i chip avanzati e al 10% per la tecnologia più datata.