di Gionata Chatillard
Mentre fra palestinesi e israeliani volano le bombe, in Occidente è già partita la consueta guerra di parole volta a definire il perimetro di ciò che è lecito o non lecito dire riguardo al conflitto in corso. Come è già successo in passato, anche in questo caso la lotta per il controllo dell’informazione passa per la decontestualizzazione degli avvenimenti e per la mostrificazione del nemico di turno, incarnato in questo caso da Hamas, sul cui conto i media europei e nordamericani hanno pubblicato notizie che nemmeno l’Esercito israeliano era stato in grado di confermare, valga su tutte quella dei 40 bambini che sarebbero stati decapitati in un kibbutz.
Manifestare per la causa palestinese è d’altronde sempre più difficile in Occidente. In Francia è addirittura proibito. Il Governo, non contento dei divieti già emanati in ordine sparso dalle prefetture di diverse città, ha messo la proibizione nero su bianco e chiesto anche l’arresto degli organizzatori dei raduni, in quanto le loro attività turberebbero l’ordine pubblico.
In Italia, più modestamente, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara si è limitato a mandare qualche ispettore in un paio di scuole milanesi dove diversi ragazzi si erano espressi a favore della resistenza palestinese. Stessa posizione adottata da una trentina di associazioni studentesche di Harvard, che hanno ricordato che l’attacco di sabato scorso di Hamas, per quanto brutale, non è comunque “arrivato dal niente”. Ciò è bastato a sollevare un polverone che ha finito per mettere alle strette i giovani universitari, accusati come al solito di “antisemitismo”. Dopo essere stati minacciati di venire espulsi dal mercato del lavoro, molti di loro hanno quindi deciso di abiurare, facendo sparire da internet le prove di quanto avevano sostenuto poco prima.
Dove non arrivano i divieti ufficiali, arriva quindi -ancora una volta- la caccia alle streghe. La stampa italiana, ormai specializzata nel genere, sta già prendendo le misure per stilare le immancabili liste di proscrizione. Ma se i primi elenchi di associazioni, partiti o personaggi pubblici che si sfilano dalla narrazione atlantista sono già stati pubblicati da diversi media nostrani, nel mirino delle autorità europee sembrerebbe invece esserci un pesce ben più grosso. A Elon Musk non è infatti bastato aver rimosso centinaia di account di X dall’inizio dell’escalation. La Commissione Europea ha infatti deciso di passare comunque alle minacce, utilizzando “toni ultimativi” che persino un giornale come Repubblica ha definito non solo “privi di valore giuridico”, ma anche “un pesante colpo al sistema dei diritti e alla separazione dei poteri” della tradizione occidentale.