di Fabio Belli
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, a seguito del colloquio a Istanbul con il suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan, ha portato a casa dalla Turchia cinque ex comandanti del battaglione Azov.
I combattenti, facenti parte della guarnigione di Mariupol, a seguito della liberazione dell’Azovstal, erano stati dirottati a Istanbul per un accordo di scambio prigionieri siglato tra Ankara e Mosca. Accordo che secondo il Cremlino sarebbe stato sistematicamente violato. Il portavoce presidenziale, Dmitry Peskov ha affermato di non essere stato informato del rilascio da parte della controparte turca. “Nessuno ci ha informato di questo. Secondo gli accordi, questi capobanda dovevano rimanere sul territorio della Turchia fino alla fine del conflitto”, ha detto Peskov, sottolineando che il rilascio sarebbe stato il risultato di forti pressioni da parte degli alleati Nato nei confronti della Turchia.
Non a caso, sabato scorso il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan e il segretario di Stato americano Antony Blinken hanno tenuto una conversazione telefonica anche per questioni relative all’espansione della NATO. La mossa di Ankara, oltre a far aumentare l’attenzione su Kiev in vista del vertice di Vilnius, consente ai vassalli dell’Alleanza di puntare il dito contro Mosca etichettandola, come ha di recente affermato lo stesso Blinken, “l’unico ostacolo a una pace giusta e duratura “.