di Jeff Hoffman
Mentre la Germania ospita il 19esimo incontro dei paesi sponsor dell’Ucraina, la Porsche ingrana la quinta marcia e parte verso il South Carolina dove costruirà la mega fabbrica che doveva invece nascere nella regione sud orientale del Baden-Württemberg.
Secondo il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, la decisione è stata dettata dalla concessione dei sussidi a stelle e strisce che, grazie al Inflation reduction act del 2022, superano di due volte e mezzo il contributo concesso dal governo Scholz.
Al contempo, non poche sono le società tedesche che, per non attraversare l’oceano, si stanno de-localizzando in Polonia. A peggiorare la cattiva notizia ci ha pensato il ministro dell’economia tedesco, Robert Habeck, che ha stimato una crescita economica per il 2024 in ribasso dall’1,3% al 0,2%.
Nello stesso tempo, contro ogni previsione, l’agenzia di stampa Reuters ha reso noto che gli investimenti tedeschi a Pechino, toccando un livello record di 11,9 miliardi di euro, sono aumentati del 4,3% nonostante la tendenza delle piccole e medie aziende tedesche stia lasciando il Paese del Dragone.
Berlino, tuttavia, non è la sola a risvegliarsi da un incubo in quanto il Giappone non è più la terza economia del pianeta e, contrariamente a quanto raccontano i governanti giocando sui dati, anche il fu Belpaese non se la passa per niente bene.
L’industria italiana nel 2023 ha rallentato la sua produzione industriale del 2,5% rispetto all’anno precedente e, dietro al + 1,1% di crescita mensile appare, di rosso vestito, il calo del 2,1% rispetto all’annus horribilis 2022.
Sulla stessa linea di decrescita, il dato sul consumo di energia del 4,4% e, similmente, la riduzione dei beni intermedi del 3,3% e i beni di consumo dell’1,3%. Controcorrente risultano soltanto i beni strumentali con un 0,7% in più.
A lasciare l’Italia e Piazza Affari sull’onda della Porsche e di altre società europee è Diego Della Valle, in trattative con il fondo di investimenti statunitense L Catterton, mentre la famiglia Moratti vende a una società svizzero-tedesca il 35% delle azioni di Saras, nota SPA italiana del campo petrolifero.
Come dichiara entusiasticamente il governo Meloni: “andrà tutto bene!”.
E la saga continua.