di Gionata Chatillard
Era domenica mattina quando le autorità di Finlandia ed Estonia annunciavano la chiusura del Balticconnector, l’unico gasdotto che collegava il paese scandinavo all’Unione Europea. Una decisione motivata da una perdita sospetta, inizialmente associata a un possibile guasto di tipo tecnico. O questo, almeno, era ciò che si pensava fino a ieri, quando il presidente finlandese Sauli Niinisto ha dichiarato che la struttura potrebbe in realtà essere stata danneggiata deliberatamente. Un’ipotesi su cui Helsinki sta ancora lavorando in collaborazione con la NATO, ma che il capo di Stato considera comunque “probabile”.
Il Balticconnector, operativo da gennaio 2020, era stato costruito con l’obiettivo di diversificare l’approvvigionamento energetico della Finlandia, che fino ad allora poteva importare gas soltanto dalla Russia. Proprio per questa ragione, al presidente Niinisto è stato chiesto se i principali sospetti di sabotaggio potessero ricadere su Mosca. Domanda a cui il capo di Stato ha preferito non rispondere, limitandosi a sottolineare l’importanza di “non trarre conclusioni affrettate”.
Sebbene potrebbero volerci mesi per riparare il gasdotto danneggiato, le autorità finlandesi hanno assicurato che l’approvvigionamento energetico del paese non ne sta risentendo. Anche perché, com’è successo per molti altri paesi europei dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, anche Helsinki ha aumentato la propria dipendenza dal gas liquefatto in arrivo via nave dagli Stati Uniti, nonostante i prezzi del GNL siano non solo molto più alti, ma anche più volatili.
Che si tratti di sabotaggio o no, l’interruzione del Balticconnector ha subito portato alle stelle il costo dell’energia in Europa. Nel giro di 3 giorni, il prezzo del gas è infatti aumentato di circa il 30%. Un’ennesima tegola per imprese e famiglie del Vecchio Continente, che negli ultimi mesi hanno già dovuto pagare le conseguenze del disaccoppiamento dalla Russia, del sabotaggio del Nord Stream e della recente chiusura di un giacimento israeliano. Tutto ciò senza contare l’instabilità geopolitica del Caucaso, che potrebbe complicare ulteriormente le cose qualora Bruxelles decidesse di voltare le spalle a Baku così come ha già fatto con Mosca.
Gas, nuovi sospetti di sabotaggio nel Baltico
