di Gionata Chatillard
“Scriviamo per esprimere la nostra comune preoccupazione e indignazione riguardo all’attacco aereo israeliano che ha ucciso 7 operatori umanitari della [ONG] World Central Kitchen. […] Alla luce di questo incidente, vi esortiamo a sospendere qualsiasi futuro trasferimento di armi fino al completamento di un’indagine esaustiva”. Queste sono le parole con cui inizia una lettera indirizzata alla Casa Bianca da parte di una quarantina di parlamentari democratici, compresa l’ex speaker della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi, che chiede a Joe Biden un netto cambio di rotta sulla questione israelo-palestinese.
Aumenta dunque la pressione sulla Casa Bianca affinché il presidente degli Stati Uniti prenda le distanze dai metodi utilizzati dal Governo di Benjamin Netanyahu. Finora, Biden si è infatti limitato a chiedere un cessate il fuoco quasi sottovoce, ovvero senza implementare nessuna iniziativa concreta a parte i soliti tavoli di negoziazione che, più che portare a una soluzione, sembrano in realtà utili a fare guadagnare tempo all’Esercito israeliano sulla tabella di marcia di quello che secondo molti è ormai un genocidio in piena regola. Un’offensiva che in 6 mesi esatti ha causato la morte di circa 33.000 palestinesi, il 40% dei quali bambini.
Mentre nazioni come Canada, Paesi Bassi, Giappone, Spagna e Belgio hanno sospeso le vendite di armi a Israele, altri -con gli Stati Uniti in testa- continuano a inviare materiale bellico per decine di miliardi di dollari al Governo Netanyahu, che ieri ha dichiarato di aver ritirato quasi tutte le truppe dal sud di Gaza, mantenendo sul posto una sola brigata. Il ministro della Difesa Yoav Gallant ha però ribadito che l’offensiva non cesserà finché Hamas non sarà annientata. Parole confermate dal capo di Stato Maggiore Herzi Halevi, che ha dichiarato che le forze armate si stanno preparando ad affrontare un lungo conflitto nella Striscia palestinese.
Un nuovo tentativo di dialogo si sta intanto svolgendo in Egitto, dove gli inviati israeliani stanno negoziando con Hamas, Stati Uniti e Qatar. Al centro delle trattative, il futuro dei circa 130 ostaggi che sarebbero ancora nelle mani dei gruppi palestinesi. Per liberarli e annientare definitivamente Hamas, il Governo Netanyahu vorrebbe adesso procedere con un’invasione terrestre di Rafah. Operazione, questa, che non potrà che comportare un’ennesima carneficina, a meno che Washington non decida di prendere in mano la situazione, invertire la rotta e porre un freno alla furia israeliana.